Spacciatore morì durante l'arresto: assolti due carabinieri
I due militari erano accusati di aver fatto morire per asfissia la vittima durante le manovre di bloccaggio del 26enne, che continuava a resistere

Assolti carabinieri
Il giudice Laura Russo di Imperia ha assolto, perché il fatto non costituisce reato, i due carabinieri: Fabio Ventura e Gianluca Palumbo, della compagnia di Sanremo,(Stazione di Santo Stefano) accusati di omicidio colposo per la morte di Bohli Kayes, un tunisino di 26 anni, morto il 6 giugno del 2013, nelle concitate fasi dell'arresto per droga avvenuto a Riva Ligure, in provincia di Imperia. Fuori dall'aula, in attesa della lettura del dispositivo della sentenza, c'erano anche alcuni attivisti dei centri sociali.
I fatti. I militari trovarono Kayes con alcuni grammi di stupefacente. I due militari, in particolare, erano accusati di aver fatto morire per asfissia la vittima durante le manovre di bloccaggio del ventiseienne, che continuava a resistere all'arresto. Due le perizie medico legali eseguite durante il processo: una da parte del dottor Francesco Traditi, l'altra del medico legale Lorenzo Varetto, di Torino. Il magistrato Lorenzo Fornace, che durante la requisitoria chiese l'assoluzione, ha tenuto conto della seconda, in ordine di tempo, in base alla quale non esisterebbe nesso causale tra la morte di Kayes e le attività dell'arresto.
"Confidavamo dall'inizio in questa vicenda, una causa che avevo assunto con il compianto amico Fabrizio Spigarelli, difensore che aveva subito le parti più negative di questo processo - afferma l'avvocato Vittorio Pendini, che assiste Vetura -. All'inizio, infatti, c'era soltanto una perizia del pm senza contraddittorio, che secondo noi mostrava da subito un limite: quello del mancato avviso alle parti". La formula "perché il fatto non costituisce il reato" lascia comunque aperta la strada, in ipotesi, a una causa civile per una richiesta di risarcimento danni: "Non rappresenta un diritto alla causa civile, ma non sbarra la porta - ancora il legale - al riconoscimento di una responsabilità patrimoniale, che non è detto sia nei confronti dei singoli militari".
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