Le toccanti testimonianze delle sorelle Bucci al teatro Cavour
"Non riesco a perdonare quello che i nazifascisti sono riusciti a fare agli ebrei, molte cose noi essendo state bambine le abbiamo elaborate poi crescendo"
Toccanti le testimonianze delle sorelle Andra e Tatiana Bucci nel teatro Cavour di Imperia. Sopravvissute all’orrore di Auschwitz sono state accolte da un pubblico numeroso, composto da studenti, cittadini e autorità.
All’evento organizzato da Aned di Savona-Imperia in occasione della Giornata della Memoria, hanno partecipato il sindaco Claudio Scajola, l’assessore regionale Marco Scajola e dell’onorevole Emanuele Fiano, presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Fossoli.
La testimonianza di Tatiana Bucci
"Raccontare perché non vada dimenticato, in un certo qual modo passare, come si dice, la parola ai nostri giovani che ci ascoltano sempre con tanta attenzione e veramente sono incredibili, veramente preparatissimi. Perché rimarrà nella storia comunque perché la seconda guerra mondiale non può andare persa, proprio per niente, resterà nella storia. La storia cambierà un po’ perché non ci saremo noi testimoni, però resterà nella memoria di tutti”.
"Non riesco a perdonare quello che i nazifascisti sono riusciti a fare agli ebrei, molte cose noi essendo state bambine le abbiamo elaborate poi crescendo perché quando eravamo lì molte cose non le capivamo, è anche logico, a quattro anni Andra io sei, è difficile capire anche certe cose che sapevamo le abbiamo elaborate poi, man mano che crescevamo.
"Non credo di aver odiato nessuno. Ho avuto paura, sì, dopo, non sul momento. Mai pensato di morire, non sapevo neanche che cosa fosse morire, l’abbiamo imparato lì, vedendoli. Un’altra cosa è essere stati bambini o essere già adolescenti. C’è un abisso. I nostri ricordi sono, come dice sempre mia sorella, dei flash”.
La testimonianza di Andra Bucci
“Non saprei quale sia stato il momento più difficile, ci sono tanti momenti. Non ci sono stati veramente momenti difficili per noi. Perché noi bambini non dovevamo fare praticamente niente, noi bambini intendo quello che i tedeschi intendevano bambini fino ai 10-11 anni, poi gli altri erano abili ad andare a lavorare e non erano nella nostra baracca.
"Un momento difficile, non posso dire è stata la separazione di Sergio (il cugino ndr) perché non sapevamo dove andavano e cosa poi è successo. Forse io non ricordo di aver pianto, ma forse il fatto di non vedere più la mamma quando effettivamente l’hanno spostata di campo e che noi l’abbiamo pensata morta. Ma non ricordo di aver pianto e non ricordo di averla cercata. Forse l’avrò anche cercata, ma l’ho dimenticato”.