La querelle

«I manifesti funebri sui social servizio pubblico. Noi esclusi arbitrariamente»

Fa discutere il ban a una delle imprese che operano sulla pagina, aperta durante il COVID come servizio alla comunità

«I manifesti funebri sui social servizio pubblico. Noi esclusi arbitrariamente»
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Fa discutere la querelle nata in seno al gruppo Facebook "Manifesti Funebri provincia di Imperia" tra gli amministratori del servizio, con l'esclusione "unilaterale e arbitraria" dell'Antica Agenzia Lanfranchi Remo di Taggia.

 

Manifesti funebri su FB: la querelle sul ban a un'impresa

Il servizio era nato con l'idea della pubblica utilità nei primi momenti della pandemia COVID, sostituendosi all'affissione dei manifesti funebri durante il lockdown. Con il tempo, si è ampliato, proseguendo l'attività anche con la riapertura delle attività e della libera circolazione al termine dell'emergenza sanitaria e includendo numerose agenzie del territorio. Sulla questione relativa al ban della specifica impresa, interviene con una nota stampa Fulvio Lanfranchi, legale rappresentante.

 

«In merito al recente post pubblicato nel gruppo “Manifesti Funebri Provincia di Imperia” a firma del signor Vasco Lanfranchi, ritengo necessario intervenire con chiarezza per respingere pubblicamente ogni allusione e comportamento lesivo dell’immagine della mia agenzia- scrive-. Il gruppo in questione è nato in un momento storico estremamente delicato, nel pieno della pandemia, da un accordo tra il sottoscritto, il signor  Lanfranchi e il signor Alessio Regina, con l’obiettivo dichiarato di offrire un servizio utile e condiviso alla cittadinanza. Negli anni, il progetto si è ampliato, accogliendo i colleghi che con serietà e rispetto hanno deciso di farne parte».

«Oggi, con stupore e indignazione, prendo atto di un'esclusione unilaterale, arbitraria e immotivata della mia agenzia, accompagnata da vaghe accuse di “comportamenti scorretti”, mai specificati né discussi preventivamente- ancora Lanfranchi (Fulvio)-. Non solo si è scelto di procedere senza confronto né comunicazione diretta, ma si è anche deciso di rendere pubblica una posizione gravemente diffamatoria, insinuando responsabilità senza fornire alcun elemento concreto a supporto e limitando così, inoltre, un servizio utile alla comunità».

 

«Vogliamo spiegazioni pubbliche»

«Rivendico il diritto a ricevere spiegazioni dettagliate, documentate e pubbliche in merito a quanto affermato, poiché la reputazione professionale e umana costruita nel tempo non può essere infangata con superficialità o per motivazioni personali travestite da pretese etiche. Invito- conclude- chi gestisce il gruppo a ricordare che si tratta di un’iniziativa collettiva, nata per la comunità e non di proprietà esclusiva di alcuno. Non sarà tollerato alcun uso personale di spazi pubblici né atteggiamenti discriminatori. Resto disponibile a un confronto, ma solo alla luce del sole. Il silenzio o l’ambiguità non faranno altro che confermare ciò che i fatti già lasciano intuire».

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