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Coltivare cannabis per recuperare le serre e terreni abbandonati

In Liguria il settore della Cannabis Sativa ha preso piede soprattutto nelle zone a più alta vocazione floricola

Coltivare cannabis per recuperare le serre e terreni abbandonati
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I dati forniti da Coldiretti per incentivare la coltivazione di cannabis a scopo terapeutico

La produzione in Italia darebbe lavoro a 10mila persone

In Italia la produzione della cannabis a scopo terapeutico potrebbe garantire fino a 10mila posti di lavoro: è quanto stima Coldiretti nel commentare l’annuncio del sottosegretario alla Salute Andrea Costa sul fatto che “nelle prossime settimane saranno pronti i bandi per la coltivazione di cannabis terapeutica ad uso medico da parte di aziende pubbliche e private” con l’obiettivo di raggiungere l'autosufficienza produttiva. La richiesta di questi prodotti è in costante crescita ma viene soddisfatta soprattutto dalle importazioni poiché la sola produzione consentita a livello nazionale è quella nello Stabilimento Chimico farmaceutico militare di Firenze.

A livello italiano i terreni dedicati a questo prodotto nel giro di soli cinque anni, dal 2015 al 2020, sono aumentati di dieci volte superando i 4000 ettari, ma data quest’ulteriore apertura verso un settore che sta vivendo un vero e proprio boom c’è bisogno di nuovi spazi: solo utilizzando le  serre abbandonate o dismesse a causa della crisi nell’ortofloricoltura, la campagna italiana può mettere a disposizione da subito mille ettari di terreno.

 

Ci sarebbero, inoltre, diverse insidie legate alla Legge 242 del 2016 che regolamenta la produzione e commercializzazione: per coltivare la canapa bisogna essere agricoltori con un fascicolo aperto nel portale SIAN e seminare esclusivamente sementi certificate di varietà autorizzate dall’UE con il limite dello 0,2% di thc onde evitare di sfociare nell’illegalità.

 

“Proprio per i motivi sopra esposti – affermano il Presidente di Coldiretti Liguria Gianluca Boeri e il Delegato Confederale Bruno Rivarossa - avevamo intrapreso come Organizzazione un percorso di ulteriore sensibilizzazione nei confronti dei nostri associati, ripercorrendo gli obblighi previsti dalla legge per la coltivazione e commercializzazione, al fine di prevenire eventuali sanzioni a carico dei produttori ignari di quanto previsto dalle vigenti norme. L’obiettivo, come Coldiretti, è di giungere nel più breve tempo possibile a certificare tramite l’introduzione di disciplinari di produzione una filiera 100% Made in Italy, proveniente dalla Liguria”.

 

In Liguria il settore della Cannabis Sativa ha preso piede soprattutto nelle zone a più alta vocazione floricola, dove le imprese, nonostante il clima di incertezza iniziale, hanno deciso di investire su questa pianta e stanno esplorando le grandissime potenzialità di tale coltura. Si producono principalmente estratti, oli aromatici, prodotti cosmetici, alimentari, che sfruttano tutte le caratteristiche positive contenute nei cannabinoidi, componenti nobili della pianta, che, al contrario del thc, possiedono proprietà che possono rispondere a diversi utilizzi.

 

Potrebbe essere una buona opportunità di sviluppo per il nostro territorio: la Canapa Sativa, può avere numerosi utilizzi, anche innovativi, tra cui eco-mattoni isolanti, olio antinfiammatorio, bioplastiche, e cannabis light a basso contenuto di Thc. Inoltre come Coldiretti Liguria – concludono Boeri e Rivarossa- siamo pronti a una collaborazione con le Forze dell’Ordine per una migliore diffusione delle informazioni: come per tutti i settori produttivi del mondo agroalimentare Italiano, anche per il settore della canapa, deve valere il concetto di legalità e origine del prodotto, solo con questi principi si possono tutelare i produttori e i consumatori”.

 

In Liguria, inoltre, il recupero di serre e terreni abbandonati o dismessi nell’entroterra porterebbe a un triplice vantaggio: non solo permetterebbe di accrescere la produzione di cannabis a scopi terapeutici limitando le importazioni, ma porterebbe alla bonifica e al recupero di luoghi con il relativo ammodernamento delle strutture; di conseguenza, e come terzo effetto positivo, si ridurrebbe il rischio di danni e disagi idrogeologici che molto spesso si verificano sul territorio, proprio a causa dell’abbandono e di mancati lavori di canalizzazione delle acque. Si avrebbe quindi anche un grosso impatto sulla salvaguardia del territorio ligure in cui le precipitazioni causano spesso danni alle aziende agricole.

 

 

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