Messaggio augurale del vescovo di Imperia e Albenga per il Santo Natale 2024
"Qual è il senso di questa festa, oggi, in un contesto di decristianizzazione galoppante e di raffreddamento della fede?’
La speranza è entrata nel mondo
Cari amici,
1. l’avvicinarsi rapido del Santo Natale ripropone a ciascuno di noi in modo più o meno esplicito la grande domanda: ‘qual è il senso di questa festa, oggi, in un contesto di decristianizzazione galoppante e di raffreddamento della fede?’. Una risposta decisamente adeguata l’ha trovata Edith Stein, la filosofa ebrea tedesca perita ad Auschwitz nell’agosto del 1942. Per questa filosofa fattasi carmelitana da adulta, oggi venerata come Santa Teresa Benedetta della Croce e proclamata compatrona di Europa da San Giovanni Paolo II nel 1988, in una sua conferenza, elaborata nell’abbazia benedettina di Beuron, durante le vacanze natalizie del 1931, Il mistero del Natale, afferma che basta la sola parola per evocare scenari di tenerezza e redenzione. “La sola parola, scrive, sa di incanto, un incanto a cui, si può dire, nessun cuore può sottrarsi. Anche gli uomini di altra fede e quelli che non ne hanno affatto, per i quali la vecchia storia del Bambino di Betlemme non significa niente, fanno preparativi per la festa e pensano come poter accendere qua e là un raggio di gioia”.
2. La grande santa e pensatrice, non fa alcuna concessione alla retorica o al sentimentalismo, ma guida ad immergerci in un mistero che sgomenta e commuove, una ventina di pagine, dal ritmo meditativo e contemplativo, intrise d’incanto dinanzi al Verbo fatto bambino e sorrette da un amoroso impegno a vivere in pienezza la sequela Christi, la vita come discepolato. Per noi cristiani la festa natalizia ha un forte spessore; lo indicano i canti e i testi liturgici dell’Avvento: “Stillate, cieli, dall’alto, e le nubi piovano il Giusto! Il Signore è vicino! Adoriamolo! Vieni Signore, e non tardare! Esulta, Gerusalemme, sfavilla di gioia, perché viene a te il tuo Salvatore!”. Poi le grandi antifone del Magnificat (O sapienza, O Adonai, O radice di Jesse, O chiave della città di Davide, O Oriente, O re della nazione) che gridano il loro nostalgico e ardente “Vieni a salvarci!”, e infine il gioioso annuncio: “Oggi saprete che il Signore viene e domani contemplerete la sua gloria”. “Sì, quando la sera gli alberi di Natale luccicano e ci scambiamo i doni, una nostalgia inappagata continua a tormentarci e a spingerci verso un’altra luce splendente, fintanto che le campane della messa di mezzanotte suonano e il miracolo della notte santa si rinnova su altari inondati di luci e di fiori. “E il Verbo si fece carne”. Allora è il momento in cui la nostra speranza si sente beatamente appagata” (o.c. p. 25).
3. Si, la nostra speranza è beatamente appagata perché nella fede riusciamo a scorgere la stessa Speranza fatta carne: “il Bambino protende nella mangiatoia le piccole mani, e il suo sorriso sembra già dire quanto più tardi, divenuto adulto, le sue labbra diranno: “Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati” […]. Di fronte ad essi sta la notte dell’indurimento e dell’accecamento incomprensibile: gli scribi, che sono in grado di dare informazioni sul tempo e sul luogo in cui il Salvatore del mondo deve nascere, ma che non deducono da qui alcun “Andiamo a Betlemme!”, e il re Erode che vuole uccidere il Signore della vita. Di fronte al Bambino nella mangiatoia gli spiriti si dividono. Egli è il Re dei re e il Signore della vita e della morte, pronuncia il suo “Seguimi!”, e chi non è per lui è contro di lui. Egli lo pronuncia anche per noi e ci pone di fronte alla decisione di scegliere tra luce e le tenebre» (o.c. p. 26 ).
4. La meditazione del mistero natalizio si può sintetizzare così: la Parola è diventata carne ed è un Bambino neonato. In lui la natura divina e la natura umana sussistono in unità perfetta. “O scambio mirabile! Il Creatore del genere umano ci conferisce, assumendo un corpo, la sua divinità. Per quest’opera mirabile il Redentore è infatti venuto nel mondo. Dio è diventato un figlio degli uomini, affinché gli uomini potessero diventare figli di Dio. Uno di noi aveva lacerato il legame della figliolanza divina, uno di noi doveva di nuovo riannodarlo e pagare per il peccato. Ma nessun discendente di questa progenie antica, malata e imbastardita, era in grado di farlo. Su di essa andava innestato un ramoscello nuovo, sano e nobile. Uno di noi egli è divenuto, anzi di più ancora, perché è divenuto una cosa sola con noi” (o.c. p. 29). La divinizzazione dell’uomo mediante l’incarnazione del Verbo schiude orizzonti esaltanti e impegnativi. “Se mettiamo le nostre mani nelle mani del Bambino divino e rispondiamo con un “sì” al suo “Seguimi”, allora noi siamo suoi e libera è la via perché la sua vita divina possa riversarsi in noi” (p. 30). Per realizzare queste esigenze “il Bambino divino è diventato il Maestro e ci ha detto che cosa dobbiamo fare. Per permeare tutta una vita umana di vita divina non basta inginocchiarsi una volta all’anno davanti alla mangiatoia e lasciarsi prendere dall’incanto della notte santa” (o.c. p. 38). Occorre trasformare la vita in una continua preghiera, ascoltare il Signore, nutrirsi di lui, “questo è il pane vivo che è disceso dal cielo... chi lo fa veramente il suo pane quotidiano, in lui si compie quotidianamente il mistero del Natale, l’incarnazione del Verbo” (p. 39). Se nella nostra vita il Bambino trova spazio e libertà, in noi si compirà un autentico cambiamento di mentalità: diventeremo sempre più sensibili nel discernere ciò che gli piace e gli dispiace, perché egli ci darà il suo Spirito che ci guida alla verità tutta intera (cfr Gv 16,13).
5. Edith consumò il suo olocausto, assieme alla sorella Rosa, nel 1942, ad Auschwitz. Come ieri, anche oggi sullo splendore della mangiatoia cade l’ombra della croce: in Terra Santa, in Ucraina, Myanmar e in tante molteplici situazioni di violenza e ingiustizia. Nel mondo sono attivi 56 conflitti, il numero più alto mai registrato dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Santa Teresa Benedetta della Croce direbbe anche oggi “Il mondo è in fiamme!”. Il Bambino della mangiatoia è il Risorto ed è la Speranza del mondo. Ci invita ad aggiungere al celebre detto dei Santi Padri “Dio si è fatto uomo affinché l’uomo diventi Dio”, Dio si è fatto uomo perché l’uomo resti umano e che essendo divinizzato sia sempre più umano ancora (cfr, F.Hadjadj, Risurrezione, 2017). Abbiamo tanta necessità di un uomo umano! Non solo c’è crisi di fede in Dio, oggi c’è crisi anche di fede nell’uomo! Il Natale guarisca le nostre ferite, afferriamoci saldamente alla Speranza incarnata e seguiamola fiduciosi!
6. La Grazia del Giubileo che il 24 dicembre inizierà, inondi le nostre vite: la Pace annunciata dagli angeli a Betlemme pervada cuori e nazioni e sia balsamo di gioia autentica e duratura. La Speranza è entrata nel mondo, “la Speranza non delude “(Rm, 5,5)! Vi porto nella mia preghiera e tutti benedico di cuore,
+ Guglielmo Borghetti
Vescovo di Albenga-Imperia
Albenga, 8 dicembre
Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria