La ricerca

E' ufficiale: il Coronavirus è trasportato dall'inquinamento atmosferico

Potrebbe essere uno strumento per individuare possibili epidemie successive

E' ufficiale: il Coronavirus è trasportato dall'inquinamento atmosferico
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Dopo circa un mese da un primo passo in tal senso, con un Position Paper titolato "Valutazione della potenziale relazione tra l'inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione dell'epidemia da Covid-19", arriva la conferma: tracce del virus sono state ritrovate nel particolato atmosferico sopra le nostre città.

Coronavirus nell'atmosfera

Ad annunciarlo è la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) che ha raccolto i dati dei ricercatori dell'Università di Bari, Bologna e Trieste, e dell’ateneo di Napoli “Federico II. Ma quella che sembra essere una notizia sconcertante ha anche un risvolto positivo, infatti, monitorando il particolato atmosferico, come già facciamo, potremmo avere a tutti gli effetti un "indicatore" di possibili recidive dell'epidemia da Covid-19. Un fattore da non sottovalutare, visto che è ormai imminente la fase 2, ossia il risveglio lento della vita sociale ed economica per milioni di italiani.

La ricerca

I ricercatori spiegano che  le prime evidenze relative alla presenza del coronavirus sul particolato provengono da analisi eseguite su 34 campioni di PM10 in aria ambiente di siti industriali della provincia di Bergamo, raccolti con due diversi campionatori d'aria per un periodo continuativo di 3 settimane, dal 21 febbraio al 13 marzo. I campioni sono stati analizzati dall’Università di Trieste in collaborazione con i laboratori dell’azienda ospedaliera Giuliano Isontina, che hanno verificato la presenza del virus in almeno 8 delle 22 giornate prese in esame. I risultati positivi sono stati confermati su 12 diversi campioni per tutti e tre i marcatori molecolari, vale a dire il gene E, il gene N ed il gene RdRP, quest'ultimo altamente specifico per la presenza dell'RNA virale SARS-CoV-2.  La presenza di RNA virale del SARS-CoV-2 sul particolato atmosferico è stata confermata rilevando la presenza di geni altamente specifici, utilizzati come marcatori molecolari del virus, in due analisi genetiche parallele.

Uno strumento utile per la ricerca sul virus

Le ormai famigerate "goccioline di saliva infette" si legano alle particelle che compongono il particolato atmosferico creando dei "cluster" quasi indistruttibili con le polveri che vengono trasportate nell'atmosfera. Gli scienziati hanno aggiunto che il rapporto del virus con le particelle di "polvere" nell'aria - ipotesi già esplorate da numerose ricerche internazionali - potrebbe essere importante per studiare la diffusione della malattia in ambienti più ristretti, come ospedali e abitazioni, circondati da mura, considerando anche che ormai sembrerebbe appurato che le gocce di saliva "viaggiano" fino a 7-10 metri dalla bocca di una persona infetta. A margine di tutto, gli scienziati chiariscono che al momento non esistono prove concrete del fatto che la presenza di Coronavirus nell'atmosfera possa essere una terza via di contagio, più che altro rimane uno strumento utile per cercare di valutare possibili "ricadute" di epidemia tra una popolazione che si appresta ad uscire di casa, con titubanza e le dovute precauzioni dettate dal Governo.

 

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