La Prefettura gli toglie il porto d'armi e il Tar glielo ridà
“La querelante era ritenuta poco affidabile in ragione delle numerose segnalazioni di reato a carico e della sua tossicodipendenza”
Il Tar della Liguria ha ridato il porto d’armi a un giovane di Ventimiglia, al quale lo aveva ritirato con decreto la Prefettura, in seguito a una lite. Resta efficace, invece, per 150 giorni il sequestro cautelativo delle armi del ricorrente disposto dalla polizia. La vicenda, a quanto si apprende, risale all’anno scorso.
Il giovane ha una discussione con una donna
la quale lo denuncia in commissariato per minacce. Qualche giorno dopo, però, ritira la querela, facendo capire che forse si era trattato di un malinteso, ma visto che il ragazzo ha il porto d’armi (a uso caccia), di fronte a una denuncia di questo genere, scattano subito il ritiro del “patentino” e ovviamente il sequestro cautelativo di armi e munizioni.
La questura non ritiene opportuno ritirare il porto d’armi al giovane
anche perché: “La querelante era ritenuta poco affidabile in ragione delle numerose segnalazioni di reato a carico della stessa e della sua tossicodipendenza”, si legge nella sentenza del Tar.
Scrive ila giudice: “Il Collegio ha ben presente la finalità cautelare e preventiva del provvedimento di inibizione della detenzione delle armi e l’ampia discrezionalità riconosciuta dalla giurisprudenza all’Amministrazione nella valutazione degli elementi di pericolo per l’abuso delle armi. Ciò non toglie, tuttavia, che tale provvedimento debba comunque essere adottato sulla base di elementi di fatto e personologici idoneamente accertati e caratterizzati da una consistenza obiettiva di caratura tale da legittimare la valutazione di pericolosità di abuso delle armi. Senonché dall’atto impugnato non si evincono tali elementi”.
In particolare, nel motivare l’accoglimento del ricorso, aggiunge
“In primo luogo la querela per minacce non è stata semplicemente rimessa ma risulta che la querelante abbia ammesso che la querela era stata proposta a causa ‘omissis’, così ponendo in dubbio l’esistenza stessa della condotta minacciosa tenuta dal ricorrente, peraltro in coerenza con quanto costantemente affermato da quest’ultimo in sede di partecipazione procedimentale, ove ha sempre negato di avere tenuto un comportamento minaccioso”. Il giovane è comparso difeso dall’avvocato Marco Bosio.
Fabrizio Tenerelli