Morto il giornalista Oliviero Beha: con Ventimiglia e i calabresi ebbe un forte contrasto

Morto il giornalista Oliviero Beha: con Ventimiglia e i calabresi ebbe un forte contrasto
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Ventimiglia - E' morto questa sera a Roma Oliviero Beha, 68 anni. Lo annuncia la figlia Germana. "E' stato un male molto veloce - spiega- Papà se n'è andato abbracciato da tutta la sua grande famiglia allargata di parenti e amici".

Giornalista, scrittore, saggista, conduttore televisivo e radiofonico, Beha era nato a Firenze il 14 gennaio 1949. Lascia la moglie Rosalia, i figli Saveria, Germana e Manfredi, l'amatissimo nipotino Michele. Dopo gli esordi a Tuttosport e Paese Sera Beha aveva lavorato tanti anni a Repubblica , come inviato, occupandosi di sport e società.

Il lavoro con la tv arriva nel 1987 con Andrea Barbato a Va Pensiero, contenitore culturale della domenica di Rai3. Tante, negli anni, le trasmissioni di successo. Da Radio Zorro, premiatissimo programma di servizio di Radio Rai, alla Gazzetta dello Spot su Rai3 (tra l'89 e il 1990) fino a Brontolo, settimanale in onda su Rai3 dal 2010 , dedicato all'approfondimento politico e sociale.

Con Ventimiglia ebbe un forte contrasto, quando il 30 luglio del 2014 attaccò la città con questo articolo (LINK ORIGINALE), in cui prendeva di mira la popolazione calabrese...

Giorni fa sono stato all’estero, e fin qui giustamente “e chi se ne frega”. Il punto è che non sono stato proprio all’estero nel senso letterale e topologico, ma sono stato in un estero più che estero, in un estero metaforico, in un estero italiano: a Ventimiglia, a un soffio da Mentone e dalla Francia. Sole piovoso, città bassa nuova, città alta storica ricca di palazzi medievali che cadono a pezzi perché si sono mangiati i fondi europei e adesso sono finiti e con essi gusto e restauri, carruggi su per il nucleo vecchio abbandonato, desertificato e poi occupato da una popolazione particolare. Per rendermi conto di persona ho girato a piedi, chiedendo istruzioni a vecchi e  giovani: dov’è la cattedrale, dove traverso il fiume Roja pieno di isolotti, cigni, papere, gabbiani, gallinelle tutti impegnati in immersioni da numeri da circo, dov’è la passerella pedonale con i lucchetti senza Moccia anche se molti, troppi fisiognomicamente d’intorno paiono Moccia. Ma perché, come mai? Perché tutti quelli che interpello, nel mercatino dell’antiquariato come nelle strade intasate d’auto frontaliere vicino alla stazione, mi rispondono in varie accentuazioni di calabrese? Diretto, storpiato, francesizzato, edulcorato, dissimulato, ma per Giove, calabrese senza ogni dubbio. Che ci fa questo concentrato di calabresi di lunga o breve lena a Ventimiglia, antichissima città romana che si ricorda che quest’anno cade il duemillesimo anniversario dalla morte di un imperatore di qualche importanza, chiamato Augusto?

Mi informo: ormai tra  il 70 e l’80% della popolazione di Ventimiglia, poco meno di trentamila persone, è calabrese d‘origine e continuano ad arrivare. Prima all’inizio del ‘900 furono richiami di lavoro, poi durante il secolo breve ci si misero le ‘ndrine a manipolare il territorio intrecciando con facilità la politica e gli affari, barattando il confino di molti con il confine (francese) di tutti. L’area è perfetta per il passaggio di ogni genere di merce, quella umana compresa: tra droga, armi e persone da occultare è un flusso continuo, con il risultato che la ’ndrangheta la fa da padrona e qualunque grossa commessa, vedi la necessità di terra per completare i lavori alla foce del fiume, sul porto, passa direttamente o indirettamente per mani calabre. E le istituzioni che fanno, domanderebbe qualche lettore di buon umore? Non ce ne sono, o meglio non si vedono, o ancora “non ce n’è bisogno”.

A Ventimiglia le scuole ormai sono calabresizzate fin dagli asili ma non c’è un delitto a memoria d’uomo perché lo Stato travestito da ‘ndrine sa come fare per controllare il territorio. Così Ventimiglia è in appalto, nessuno lo sa o perlomeno l’opinione pubblica italiana per poca che ne sia rimasta lo ignora del tutto, e nel silenzio mediatico la Calabria avanza nelle sue forme peggiori. E dunque tutti mafiosi? Per carità, anche statisticamente sarebbe impensabile. Ma che non governi lo Stato o quello che intendiamo per Stato in sintagmi di un certo risalto come le “trattative-Stato-Mafia”, è assolutamente pacifico.

La comunità migliore degli indigeni non abbozza, reagisce, ci sono 4 librerie che per un’idea di cultura sempre più impallidita sono autentici bunker resistenziali che cercano di dare solidità a un costume strisciante e gassoso, quello delle pacche sulle spalle e perfino, negli immigrati più antichi, del calabrese di una volta che quasi ha bisogno di traduzione nel calabrese contemporaneo. Naturalmente a Ventimiglia sulla scia di Bordighera lì a fianco l’amministrazione locale è stata sciolta per mafia, e ier l’altro, nelle ultime elezioni, è spuntata una lista semicivica molto giovane, alla rottamazione style, che comunque, a giudicare dagli intrecci politici con i predecessori “sciolti”, probabilmente capisce bene tutti i linguaggi. L’impressione è di essere in una frontiera languente, disperante, che fa da ostaggio a se stessa in un andirivieni di compravendite e nonsense. E noi da questa parte… Sì, sono stato all’estero…

 

 


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