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No border bloccano Ventimiglia con un corteo in memoria di Moussa Balde

Nell'intento di ricordare Moussa Balde, i no border (un centinaio in tutto) hanno bloccato la città, accusando le istituzioni

No border bloccano Ventimiglia con un corteo in memoria di Moussa Balde
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Corteo dei no border per ricordare Moussa Balde

"Meloni, Macron, murders", "Vittime di frontiere e Cpr, sappiamo chi è stato, non dimentichiamo" e "Resistenza ogni giorno contro fascismo, razzismo, nazionalismo. Liberazione ora".

Sono gli slogan mostrati stamani, a Ventimiglia, in occasione di un corteo organizzato da un centinaio di no border (soprattutto dei collettivi Talpa e orologio, progetto20k e roya citoyennes), che si sono incontrati davanti alla stazione ferroviaria, per ricordare la figura di Mamadou Moussa Balde, il richiedente asilo di 22 anni, originario della Guinea e con precedenti, picchiato da tre italiani, il 9 maggio del 2021, in via Ruffini, a Ventimiglia, dopo il tentato furto di un cellulare, che si tolse la vita il 23 maggio dello stesso anno nel Cpr di Torino.

I manifestanti si sono fermati in largo Torino bloccando la città

I manifestanti si sono fermati successivamente in largo Torino, bloccando il traffico, accolti dal clacson degli automobilisti. Prima di partire con il corteo hanno letto una lettera scritta dal fratello di Moussa, in occasione della giornata. 

La lettera del fratello di Moussa

“Cari fratelli e sorelle, amici, amiche e conoscenti di Moussa Balde: è un onore per me rivolgermi a voi, oggi, in rappresentanza della famiglia Balde, in quanto fratello maggiore di Moussa. Vi devo confessare, che quando abbiamo saputo della morte del mio giovane fratello, tutta la famiglia era sotto shock. Non è stato facile, per noi, dire a nostra madre che suo figlio era morto. Il nostro defunto fratello, era la nostra speranza. Aveva lasciato la famiglia per venire in Italia, rischiando la vita per attraversare il Mediterraneo, per sottrarre la sua famiglia alla povertà, soprattutto nostra madre che si alzava alle 5 del mattino e andava a letto alle undici di sera, perché lottava per poterci dare da mangiare. Il mio defunto fratello voleva tanto bene alla sua famiglia; rendere felice la sua mamma era il suo obiettivo (…). Chiediamo allo Stato italiano di aiutarci, affinché il nostro diritto di familiari sia ristabilito e anche per i modi in cui è stato trattato in carcere, perché noi non crediamo alla versione che dice che mio fratello si è suicidato”. 

Fabrizio Tenerelli

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