IL FATTO NON SUSSITE

Paziente si suicidò, psichiatra assolto da omicidio colposo

Il giudice Marta Bossi di Imperia ha assolto oggi “perché il fatto non sussiste” lo psichiatra imperiese Francesco Longo

Paziente si suicidò, psichiatra assolto da omicidio colposo
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Il giudice Marta Bossi di Imperia ha assolto oggi “perché il fatto non sussiste” lo psichiatra imperiese Francesco Longo accusato di omicidio colposo in merito alla morte per suicidio di una donna, all’epoca dei fatti di 47 anni (O.R.). I fatti risalgono al 18 agosto del 2020 e sono avvenuti in una località dell'entroterra della provincia di Imperia.

Secondo l'accusa sostenuta dal pubblico ministero Enrico Cinnella Della Porta

che ha chiesto una condanna a 4 mesi, il medico, che era anche direttore sanitario di una struttura psichiatrica, non avrebbe adottato gli opportuni strumenti di valutazione del rischio suicidario della paziente, nonostante quest'ultima avesse più volte compiuto gesti autolesionistici.

Per questo motivo gli vengono contestati i profili

di: negligenza, imprudenza e imperizia. E' inoltre accusato di non aver fornito adeguate disposizioni per fronteggiare e controllare il rischio, consentendo, ad esempio, che la paziente svolgesse attività della vita quotidiana, anche rischiose, come il ritiro della biancheria stesa ad asciugare sui balconi della struttura. E fu proprio in quel contesto che la donna si tolse la vita. "In tal modo cagionava avvero non impediva - si legge agli atti - il decesso di (...) avvenuto quando la donna dopo aver ritirato la biancheria sul balcone, sotto la supervisione di un educatore, usciva nuovamente sullo stesso terrazzo e si gettava di sotto impattando su la strada e morendo dopo circa trenta minuti per le lesioni riportate”.

Ed è questa la tesi confermata oggi dal pm

nel corso della requisitoria: “Non si sarebbe dovuto permettere alla paziente di svolgere questa attività”. Ed ha aggiunto: “Non convincono le considerazioni del consulente della difesa, il dottor Marco Lagazzi, seppur si tratti di un luminare. Non ritengo condivisibili le sue conclusioni in quanto vengono travisati una serie di fatti. Il perito dice che allora si sarebbe dovuto proibire alla paziente l'uso delle forchette, così come non bisognava allora consentirle l’uso delle scale perché si sarebbe potuta buttare da lì. Ma non sono state queste le causa della morte. Se non le fosse stato consentito l’accesso al terrazzino, la paziente non si sarebbe lanciata e non sarebbe morta. Se si fosse suicidata in un altro modo, oggi non saremmo qui”.

Secondo la difesa del medico, sostenuta dagli avvocati

Giorgio, Azzurra Valfrè e Pietro Obert, quest’ultimo del foro di Torino, in rappresentanza di Sara Assicurazione Spa (compagnia assicuratrice della struttura Il Faro): l'evento suicidiario della donna non è stato né prevedibile né evitabile.

“‘Nessuno avrebbe mai pensato a un epilogo del genere’, ci hanno detto diversi testimoni - hanno detto i legali -. Ascrivere al dottor Longo una responsabilità di questo evento, sfiorerebbe quasi una responsabilità oggettiva che è preclusa all'ordinamento penale. La frequenza dei colloqui era corretta e la terapia era congrua, come dichiarato anche dai consulenti della difesa”.

Secondo i legali, infatti: “Anche le fosse stato privato di andare a ritirare la biancheria stesa sul balcone, se nella mente di queste persone malate alberga in maniera latente e nascosta, pur senza mostrare alcun segno, questa progettualità suicidiaria, non sarebbe stato il balcone, sarebbe stato qualcosa d’altro”. La difesa ha comunque chiesto l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” o con “la formula meglio ritenuta”. La parte civile, madre della vittima, è comparsa in giudizio assistita dall’avvocato Sandro Riceputi.

Fabrizio Tenerelli

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