Paura Coronavirus

Ravera: "Il senso del tragico premessa per nuove vie"

Il primario di Psicologia dell'Asl 1 spiega il senso di smarrimento dovuto all'emergenza

Ravera: "Il senso del tragico premessa per nuove vie"
Pubblicato:
Aggiornato:

In un lungo post su Facebook Roberto Ravera sottolinea anche l'importanza di farci coraggio a vicenda e di sapere di non essere soli

Il primario di Psicologia dell'Asl 1 spiega il senso di smarrimento dovuto all'emergenza

"Sto vivendo in diretta, come primario di Psicologia, questa situazione di emergenza sociale e sanitaria dovuta al COVID-19. Vedo questi colleghi darsi da fare, cercare di dare il meglio e vedo la fatica e il turbamento. È come un male sottile questa presenza, un nemico che - prima ancora che nel corpo - si conquista spazi nella mente. Penso spesso a cosa dovessero provare i nostri antichi progenitori centinaia di migliaia di anni fa. Nel chiuso di quelle grotte, accalcati l’uno vicino all’altro, come a farsi coraggio a vicenda, guardavano con gli occhi sbarrati l’oscurità al di fuori, con le orecchie tese e la mente che viaggiava. Ogni notte deve essere stata la stessa cosa: da quale nemico e da quale terrore avrebbero dovuto difendersi?

Se allarghiamo questa immagine e la riportiamo ai nostri tempi, l’aspetto chiave, che è quello emotivo e più in generale psicologico, non è affatto cambiato. Ci siamo circondati di sapere, di scienza, di razionalità e di tecnologia, ma basta che la natura inventi qualcosa di nuovo e subito riaffiora quello stesso sgomento. Sperimentiamo la fragilità dei nostri sistemi sociali a partire dalle crisi economiche e all’11 settembre: dopo non siamo più gli stessi di prima! Non dobbiamo vergognarci di questa angoscia, penso che - al contrario - essere consapevoli di questa nostra presenza precaria e provvisoria nel mondo ci riporti a due punti fondamentali per l’esistenza: il primo riguarda la necessità di riportarci a quella immagine della grotta, all’essere, infine, appoggiati alla medesima parete con a fianco qualcuno che vive la nostra stessa condizione di umanità.

Questa fragilità ci accomuna tutti, anche quelli che la “sanno lunga”, quelli che fanno gli spacconi e i disonesti o che fanno finta di non capire. La seconda cosa, un po’ più difficile da spiegare, è che nel corso dell’evoluzione quei nostri progenitori si sono dovuti immaginare qualcosa che rendesse quel mondo oscuro meno angosciante ed espulsivo. Penso che da questo sforzo evolutivo siano nate le esperienze mitologiche, religiose e culturali che hanno contraddistinto l’umanità. Il senso del tragico, nella sua accezione più ampia, ha evolutivamente aperto la porta che ha permesso di lanciare lo sguardo sull’universo intero.

Ma che cosa c’entra tutto questo con l’epidemia di COVID-19? Per quanto astrusi e contorti, questi ragionamenti cercano di riportarci alla nostra condizione umana a quella linea di essenzialità che ci fa tornare esseri naturali. Perché, diciamo la verità, ci piace illuderci che questo vestito di civiltà che ci siamo cuciti addosso possa far accendere la luce sull’oscurità che c’è fuori dalla grotta. In questi giorni ho parlato con tanti operatori sanitari, gente splendida, con grande esperienza, ho girato per i reparti e li ho visti lavorare con la loro consueta competenza e con l’orgoglio di darsi da fare in un momento come questo. Vi assicuro che ero fiero, pur nella mia branca, di fare parte di questa azienda. Ma vorrei restringere un pochino il campo, non per far vedere incrinature ma, al contrario, per esaltarne l’umanità. Molti di loro li ho visti toccati, commossi e preoccupati. Sono persone abituate a trattare ogni genere di patologia, anche quelle che si possono definire “insidiose”; eppure, ho sentito nelle pieghe delle loro parole una paura innominabile.

Questa sensazione di “contaminazione” sembra molto simile a quella che sperimentavamo in Sierra Leone a proposito di Ebola. Sono paure che sembrano precipitarci addosso da un’era in cui non sapevamo nemmeno cosa fosse un virus, immagini e sensazioni che tengono ostinatamente lontana la nostra razionalità. Questi operatori faranno il loro dovere fino in fondo, ma vorrei che tutti voi sapeste che fanno i conti non solo con la stanchezza, con turni di tante ore e con il terrore di portare il virus a casa. Essi guardano il buio fuori dalla grotta e provano il terrore, una paura antica, primitiva, di un mondo dove non si ha controllo. In questi luoghi della mente la ragione non arriva facilmente. Ieri mi sentivo strano e mi sembrava di fare fatica a respirare. All’insaputa dei miei familiari mi sono misurato la febbre e mentre aspettavo l’esito la mia mente prendeva direzioni imprevedibili. Ho guardato fuori dalla grotta e l’unica cosa che mi ha salvato e pensare di non essere solo.

Lo dico a tutti che voi che avete la pazienza di leggermi, ma il vero salto evolutivo che abbiamo avuto è quello di avere scoperto di poterci esprimere, di parlarci, di dare significati alle cose che sentiamo. Esattamente quello che sto facendo adesso: non scrivo un articolo, ma provo a condividere con voi quello che sento e questo mi fa sentire meno solo, perché siamo tutti nella stessa condizione. Perché la cosa più importante, la lezione che dovremmo tenere a mente dopo questa esperienza, è che tutto ciò che arricchisce la vita e lo stare faticosamente al mondo è la presenza dell’altro. Dai tempi della grotta, da quando eravamo dei primati, il mondo è sempre imprevedibile e lo sarà per sempre.

Quello che rischiamo di perdere, purtroppo, è la consapevolezza di quanto sia importante l’altro. Oggi, gli stessi operatori che fino a qualche settimana fa venivano fatti oggetto di insulti, critiche e denunce, sono in prima linea a difenderci dall’oscuro. Ma il concetto si deve allargare a tutta la nostra società, dobbiamo pertanto rimettere al centro della nostra vita il fatto che siamo una comunità sociale. Il senso del tragico, come quello che sperimentiamo in queste settimane, deve costituire la premessa per aprire nuove vie di consapevolezza, rimettere ordine nelle nostre priorità e donarci un equilibrio pieno di ispirazione"

Seguici sui nostri canali
Necrologie