Scajola condannato a 2 anni per la latitanza di Matacena

Scajola condannato a 2 anni per la latitanza di Matacena
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Scajola

L'ex ministro Claudio Scajola è stato condannato a 2 anni (pena sospesa) per la latitanza di Amedeo Matacena. Condannata a 1 anno di reclusione Chiara Rizzo e assolta Maria Grazia Fiordaliso (per non aver commesso il fatto);

Anche senza l’aggravante dell’associazione mafiosa, nel corso della requisitoria il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardi aveva chiesto 4 anni e mezzo di reclusione per l’ex ministro, accusato di procurata inosservanza della pena in favore dell’ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, latitante a Dubai, che doveva scontare 5 anni e 4 mesi di reclusione (poi ridotti a 3) per concorso esterno in associazione mafiosa.

Il pm, inoltre, aveva chiesto una pena pesantissima per la moglie di Matacena, Chiara Rizzo: undici anni e mezzo di reclusione. La Rizzo doveva rispondere oltre che di procurata inosservanza della pena (l’accusa contestata a Scajola) anche di intestazione fittizia dei beni del marito, aggravata dal favoreggiamento alla ‘ndrangheta. Infine erano stati chiesti: 7 anni e 6 mesi di reclusione anche per la segretaria di Matacena, Maria Grazia Fiordaliso e per il collaboratore Martino Politi.

Nel corso delle repliche

il Procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha affermato: “Voglio chiudere con un documento del 13 febbraio 2014: una lettera che ci è stato detto in questa sede è stata scritta da Claudio Scajola per recidere i rapporti con Chiara Rizzo. Ora non devo assolutamente insegnare niente a nessuno. Vi dico solo che questa lettera assume un peso probatorio in questa sede ove siate in grado di dimostrare che dal 13 febbraio 2014 tra Scajola e la Rizzo l’addio è effettivo, che non ci sono più contatti, non ci sono più interlocuzioni e soprattutto non si parla più di determinate questioni: ovvero del marito latitante. Ma è proprio in quel momento che le interlocuzioni si intensificano. Questa lettera, e mi dispiace per l’onorevole Scajola, in questo processo non ha peso alcuno”.

E poi. “Si andava ben oltre quello che poteva essere un mero rapporto di conoscenza – aggiunge la pubblica accusa, facendo notare che tra Scajola e la Rizzo, c’era qualcosa in più del mero rapporto di amicizia, ma un disegno criminoso -. E’ in realtà la genesi di una spinta nei confronti di una famiglia che ha un legame ben diverso nel momento in cui non è possibile, proprio per questo tipo di considerazioni personali, arrestare un’azione che l’onorevole Scajola sapeva perfettamente essere penalmente rilevante”.

Ma non è tutto

“Il 24 settembre 2014 era stata sua intenzione chiudere con una sentenza di patteggiamento, non accolta”, afferma il pm dimostrando che l’allora volontà dell’ex ministro di patteggiare era pari a un’ammissione di colpa. Anche se Scajola replica fuori dall’aula: “Pensavamo di chiuderla lì, per evitare il processo. Ho chiesto quanto sarebbe costato, evitando di venire a Reggio”.

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