"Parchi aperti a turno per i bambini". L'idea del ministro
Bonetti: "Oltre alle fabbriche e ai negozi dobbiamo pensare alla ripartenza dei ragazzi"
Parco giochi a turno
Coronavirus, il ministro alla Famiglia Elena Bonetti: “Dobbiamo pensare a una ‘uscita’ per i ragazzi. Nel massimo rispetto delle regole sanitarie e delle indicazioni del comitato scientifico, oltre alle fabbriche e ai negozi dobbiamo pensare alla ripartenza dei ragazzi. In gioco c’è la loro salute fisica e psichica. Bisogna fare in fretta. I bambini e gli adolescenti hanno il diritto di riconquistare luoghi di gioco, di movimento e di aria. Dobbiamo predisporre, quando sarà possibile riaprire, spazi all'aperto con un controllo dei flussi. Penso a giardini con volontari che regolino gli ingressi per nuclei familiari ad esempio. Penso ad aree sportive dove due fratelli possano giocare a pallone o piccoli gruppi di bambini, ben distanziati, possano fare attività motorie e ludiche”. Cosi’ la ministra per la Famiglia e le pari opportunità Elena Bonetti in un’intervista a La Repubblica sulla fase due, in cui fa presente di aver proposto di “inserire nel decreto di aprile un assegno universale mensile per ogni figlio e l’estensione per altri 15 giorni del congedo parentale straordinario varato per l’emergenza coronavirus”.
Fase 2 anche per bambini e ragazzi
“La situazione sta cambiando: ci si prepara alla ripartenza – osserva – non si possono ignorare i bisogni dei più giovani. E’ responsabilità della politica coniugare distanziamento sociale e libertà; i territori e i comuni ci aiuteranno. Bisogna ridefinire gli spazi, ho deciso di stanziare per adesso 5 milioni di euro per progetti che ripensino il gioco per i ragazzi in modo sicuro, con il coinvolgimento del terzo settore, per esempio, per gestire i flussi di entrata e uscita dai parchi gioco e disinfettando i giochi prima e dopo ogni turno”. Inoltre, spiega Bonetti, “ho deciso di rafforzare il fondo contro la povertà educativa del Dipartimento delle politiche della famiglia proprio perché l’assenza della scuola dal vivo ci ha messi di fronte a situazioni di malessere di certo acuite dall’emergenza. Non è soltanto questione di dotazioni tecniche, ma di disagio e indigenza”