A scuola di Festival...in Venezuela
Patrizia Stancampiano, docente sanremese in Venezuela per amore ha aperto una scuola. Tra i suoi alunni anche la figlia di Chavez
Cosa potrebbe fare una docente sanremese trapiantata in Venezuela per amore, se non aprire una scuola italiana (di prestigio) in Sud America? Dalla campanella sostituita con la musica classica, alle attività per celebrare il Festival della Canzone Italiana: nel programma di Patrizia Stancampiano c’è tutto quello che ci si aspetta a Barquisimento che è legata a doppio filo a Sanremo: per i venezuelani, è la città della musica. Abbiamo raggiunto l’insegnate per farci raccontare la sua esperienza oltre oceano.
Una sanremese a Barquisimento, in Venezuela
Come è nata l’idea di andare in Venezuela?
«Io mi sono sposata con Claudio quando avevo 21 anni e mi sono diplomata come insegnante alle magistrali . La mia vita è stata una avventura, siamo partiti da Sanremo nel 1977, il padre di mio marito aveva un’azienda edile in Venezuela. Mio marito ha iniziato a lavorare con lui finché non è diventato il presidente della compagnia. All’inizio provavo un senso di disorientamento dovuto alla lingua straniera, ma ho accettato di accompagnarlo nel ricongiungimento con la sua famiglia, perché eravamo molto innamorati e non volevamo vivere il nostro amore lontani, per cui avevamo deciso di intraprendere questo viaggio insieme, partendo mano nella mano. L’unica cosa che potevo fare era mettere in pratica ciò che sapevo fare, ovvero insegnare. Fortunatamente nella nostra città c’era una scuola in cui si insegnava l’italiano, diretta dal Consolato. Ho iniziato come insegnante presso il loro istituto per cinque anni, finché non sono nati i miei due figli, Claudia e Christian. Successivamente sono rientrata al lavoro, fonte di aiuto per affrontare la distanza dagli affetti ed inserirmi meglio all’interno del contesto venezuelano».
Come ha avviato questo progetto?
«Dopo un po’ di tempo ho lasciato la scuola dove ero impiegata e nel 1991 abbiamo fondato, grazie all’aiuto di mio marito, una scuola materna chiamata “Taller de creativivad”, all’interno del centro italiano-venezuelano. Si trattava di una sorta di club. Erano degli spazi bellissimi con piscine, giardini e campi da tennis. Noi avevamo affittato questa struttura in funzione della comunità istituendo una scuola materna, in cui tenevamo dei corsi di lingua italiana. All’inizio era un progetto in cui si riunivano i bambini, successivamente abbiamo richiesto il riconoscimento da parte del Ministero Venezuelano, come scuola ufficiale venezuelana in cui è presente lo studio della lingua italiana. La scuola si chiama “Rosa e Carolina Agazzi”».
Qual’era il vostro scopo? E quanta notorietà avete ottenuto?
«Il mio scopo al tempo non era cercare un investimento, ma una occupazione che mi soddisfacesse, per cui l’idea era di realizzare qualcosa di originale, ripercorrendo l’ideale delle pedagogiste Agazzi. Siamo arrivati ad avere 160 alunni, e, data la situazione, abbiamo deciso di espanderci, comprando la casa del primo Presidente della regione, trasformandola in una scuola suddivisa in vari complessi. Ogni anno si aprivano varie sezioni fino al quinto anno di liceo scientifico. La nostra scuola è diventata talmente famosa che tra gli alunni vi era anche la figlia di Chávez, il Presidente della Repubblica del Venezuela».
Quali sono le caratteristiche metodologiche?
«Noi ancora oggi insegniamo giocando e cantando, una delle tante particolarità presenti nel nostro istituto è, l’uso della musica classica in sostituzione alla campanella tradizionale, inoltre nel periodo delle festività come Natale e Pasqua facciamo ascoltare musiche italiane del momento. Una delle difficoltà che abbiamo riscontrato sono stati i testi, poiché privi di stimoli per gli stranieri, di conseguenza abbiamo dovuto crearne noi di nuovi, grazie all’aiuto delle Istituzioni. Nel 2007 mi è stato riconosciuto dalla Repubblica Italiana il Cavalierato per la scuola di merito della cultura italiana. La mia famiglia mi è stata molto d’aiuto, ancora oggi mia figlia cura le lezioni d’italiano e si occupa della formazione per gli insegnanti, mentre mio figlio cura l’amministrazione computerizzata».
Che tipo di attività svolgete?
«Un’attività importante che svolgiamo è la settimana del 2 giugno in cui si celebra la nostra Repubblica, ogni sezione festeggia, vengono riprodotte tutte le caratteristiche delle varie regioni d’Italia, realizzando bandiere e piatti tipici italiani. Molto sentito è il Festival di Sanremo: ogni anno facciamo ascoltare le musiche delle canzoni italiane, punto di riferimento per l’insegnamento. Non a caso la città Barquisimeto è considerata la città della musica in Venezuela».
Ad oggi si sente italiana o venezuelana? Quanto questo progetto le ha cambiato la vita?
«Io mi sono sempre sentita italiana, così come i miei figli nonostante siano nati in Venezuela. Mio marito ed io ci siamo sentiti degli italiani e con i nostri mezzi abbiamo voluto trasmettere l’italianità fuori, cercando di promuovere la formazione che abbiamo ricevuto. Amo il Venezuela, ma sono profondamente sanremasca. Questo progetto mi ha cambiato la vita, e me ne sono resa conto da quando sono rientrata ad insegnare in Italia, a causa del diverso sistema scolastico».
Eleonora Tranquillo