Valle Argentina

"Ho curato Erven da una mitragliata" i ricordi di Don Rubino

In pensione 97 anni anni storico parroco di Montalto-Carpasio e della Valle Argentina. "Vado a camminare"

"Ho curato Erven da una mitragliata" i ricordi di Don Rubino
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In pensione a 97 anni. Accade a monsignor Luigi Rubino che, d'ora in poi, è sollevato da qualsiasi incombenza legata al suo ministero.

 

Don Rubino va in pensione a 97 anni

Nato a Bajardo il 27 gennaio 1927, imparentato alla lontana con il noto illustratore Antonio Rubino, ha manifestato il desiderio di farsi prete molto precocemente. «Avevo - racconta - 5-6 anni e già desideravo di diventare prete. A undici anni sono entrato in seminario a Ventimiglia. Poi sono passato al Pio XI di Bordighera». Una volta sacerdote, il primo incarico è stato di viceparroco a Badalucco e parroco Ciabaudo, Argallo e Vignai. A Badalucco ha affiancato per ben 12 anni un'altra figura storica della Valle Argentina: don Aldo Caprile. Poi  è diventato parroco di Carpasio, Montalto e varie frazioni fino all'anno scorso.

 

"Ho curato Erven da una mitragliata. I nazisti pensavano fossi un partigiano"

Don Rubino stupisce, oltre che per la grande vitalità, per la straordinaria lucidità. I ricordi legati alla sua vita sono innumerevoli. Così la Seconda Guerra mondiale. «L'ho vissuta nella sua tragicità tutta - ricorda - ed ho avuto amici che ne sono stati protagonisti, soprattutto il partigiano tenente Erven, Bruno Luppi, al quale ero molto legato. Era stato ferito in una battaglia contro i tedeschi. Una raffica di machine-pistola gli aveva tranciato il nervo sciatico. Lo aiutai nelle cure». Ma anche il futuro monsignore rischiò molto di suo. «Più di una volta - spiega - sono stato minacciato con una pistola puntata alle tempie. Ero, ovviamente, vestito da prete. Soldati tedeschi erano convinti fossi un partigiano. Poi, alla fine, mi hanno lasciato andare». In valle ha celebrato molte centinaia, anzi migliaia fra battesimi, matrimoni e funerali.

 

La passione per il calcio e la dozzina di auto

Don Rubino è sempre stato interamente coinvolto nella sua missione. Grande lettore, soprattutto di vite dei santi, ha maturato anche una grande passione. «Non ho mai giocato a calcio - conferma - ma mi sono appassionato. Amo guardare le partite. Non ho una squadra del cuore. Tifo per la Nazionale. Amo anche il ciclismo. E lo sport in genere». Il sacerdote per svolgere il suo compito suddiviso in tante parrocchie e accresciuto con il passare degli anni, ha dovuto ricorrere a molte automobili. E ha guidato fino all'anno scorso quando era ancora indotto a spostarsi da un comune all'altro. «Ho avuto - chiarisce - una dozzina di auto. Qualcuna acquistata nuova, altre di seconda mano. La prima, una Cinquecento, nel 1954. L'ultima è stata una Ignis Suzuki».

 

La giornata tipo di Don Rubino

Monsignor Rubino ha incontrato papa Wojtyla e Papa Ratzinger. Non ha mai ambito a essere più di ciò che è stato: un parroco di paese. «Ho sempre amato - sue parole - essere e fare il parroco. E stop». Resta a Carpasio, dove vive, come parroco emerito. «Sono assistito - dice - da una governante. Il giorno vado a camminare. È come fossi in preghiera continua». Ma ci sono segreti ad essere così longevi? «Segreti - la risposta - non ce ne sono. È il buon Dio che mi ha lasciato finora qui tra voi». Questa la nuova giornata-tipo del monsignore: «Mi alzo alle 6,30 faccio colazione. Poi mi concedo due passi in paese. La sera vado a dormire alle 21,30. Se invece c'è una partita di Champions...».

Marco Corradi

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