Dazi: Assitol, "Su olio d'oliva accordo sostenibile, ma pesa l'incognita dollaro"
L’intesa commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea sui dazi sull’olio d’oliva permette al settore di respirare, ma non scioglie tutti i nodi

L’intesa commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea sui dazi sull’olio d’oliva permette al settore di respirare, ma non scioglie tutti i nodi. A sottolinearlo è ASSITOL, l’Associazione Italiana dell’Industria Olearia, secondo cui il nuovo assetto tariffario – con imposte al 15% – consente di mantenere la competitività sui mercati internazionali, pur in un contesto ancora segnato da forti incertezze macroeconomiche.
“I dazi non piacciono a nessuno – commenta Anna Cane, presidente del gruppo olio d’oliva di ASSITOL – ma questa percentuale consente al nostro export di lottare ad armi pari con gli altri produttori europei ed extra-UE”.
Gli Stati Uniti
rappresentano oggi il secondo consumatore mondiale di olio d’oliva con circa 370mila tonnellate annue e sono costretti a importare il 95% del prodotto per soddisfare la crescente domanda interna. Una domanda in continua ascesa, trainata dal riconoscimento delle proprietà salutistiche dell’olio extravergine, spesso presentato Oltreoceano come alternativa “buona per il cuore” ai grassi animali.
“In virtù di queste caratteristiche, gli americani sono disposti a sostenere anche un costo elevato per il nostro olio – spiega Cane – accettando dazi purché restino entro limiti ragionevoli. Il nostro auspicio è che, proprio per i suoi benefici, l’extravergine venga presto inserito tra i prodotti esenti da imposta”.
Il comparto oleario
ha attraversato stagioni complesse, segnate da cambiamenti climatici, tensioni geopolitiche e impennate dei costi, ma ha dimostrato di saper reggere l’urto. I dazi al 15% sono considerati una soglia sostenibile, ma restano i timori legati alla debolezza del dollaro rispetto all’euro e a un’inflazione che rischia di colpire i consumatori americani.
“Per questa ragione – aggiunge Cane – auspichiamo un intervento dell’Unione Europea sui principali nodi strutturali che frenano la competitività delle nostre imprese: burocrazia, energia, accesso al credito”.
ASSITOL evidenzia come l’Italia sia oggi al decimo posto per export agroalimentare, anche grazie alla forza del comparto oleario. La promozione futura dell’olio extravergine dovrebbe puntare sempre più sui suoi effetti benefici per la salute, un argomento sensibile per i consumatori statunitensi.
Un ulteriore elemento positivo dell’accordo
riguarda l’equità: la tariffa del 15% vale per tutti i produttori europei, mentre altri competitor del Mediterraneo devono fronteggiare dazi molto più alti. Ma la sfida più grande resta culturale.
“Oggi – conclude Cane – l’olio d’oliva rappresenta appena il 4% del consumo globale di grassi. È necessario investire su una vera conoscenza dell’alimento, attraverso campagne internazionali di promozione. Solo se si conosce l’olio, lo si consuma”.