Martedì letterari

Il prof Aldo Mola: «Gli italiani non hanno fatto i conti con il fascismo»

"E' perché ce lo hanno sulla coscienza e preferiscono guardare altrove. E sbagliano"

Il prof Aldo Mola: «Gli italiani non hanno fatto i conti con il fascismo»

Ospite ai Martedì Letterari del Casinò di Sanremo, nei giorni scorsi,  il professore Aldo Mola, storico,  ha presentato il volume “1925, verso il Regime”.

 

L’intervista al prof Aldo Mola

Il libro racconta dei complessi passaggi che hanno portato il movimento fascista a diventare partito di governo prima e unico partito ammesso poi, fino alla promulgazione delle cosiddette “Leggi Fascistissime” che hanno di fatto trasformato l’Italia nella tragica dittatura del ventennio.

Ci parla del libro che presenta?
«Il libro cerca di mettere bene in evidenza due fatti: la complessità della nascita del regime e la capacità politica di Mussolini. Ha partecipato a tutte le sedute del parlamento, sia alla camera sia in senato, tenendo fronte a grandi luminari della tradizione liberare. Era un animale politico estremamente abile, capace di dialogare e di contestare, insomma, di confrontarsi con gli altri parlamentari. Che cosa viene fuori? Che purtroppo le opposizioni si sono arroccate nella secessione dell’Aventino e quindi gli hanno regalato la maggioranza assoluta dei seggi dei partecipanti alla vita del parlamento, spianando la strada all’avvento del regime. Fu abilità di Mussolini e dappocaggine dell’opposizione. L’opposizione si fa in aula, non per le strade e nelle piazze. Si fa nelle sedi deputate dai cittadini, quindi in Parlamento».

C’è il rischio di un ritorno al 1925?
«Direi assolutamente di no, per fortuna gli italiani sono usciti da due guerre mondiali e si sono assolutamente messi al sicuro con una democrazia parlamentare che ha avuto certamente tante trasformazioni nel corso del tempo, ma che è solidissima e ha una Costituzione assolutamente impeccabile che sta funzionando. Occorre solo sperare in una maggiore partecipazione dei cittadini alle elezioni che non sono, come diceva Mussolini, inutili, ma sono una partecipazione alla vita democratica del paese».

Tutti gli italiani hanno fatto i conti con il fascismo?
«Direi di no, perché ce l’hanno sulla coscienza. In definitiva il fascismo non si è affermato in poche settimane o qualche mese, ha impiegato almeno tre anni a diventare un inizio di regime e parecchi altri per diventarne uno, autoritario, ma non totalitario. Poi ha portato il paese nella catastrofe della Seconda Guerra Mondiale. Sta sulla coscienza dei cittadini e preferiscono occuparsi d’altro e fanno male».

Lei è molto legato alla figura di Giolitti, come commenta la sua condotta in quel periodo?
«Disse una frase importante, quando gli chiesero di cantare Giovinezza (assunto ad inno ufficioso del fascismo, ndr). Ormai aveva 82 anni e non se la sentiva. Era un vecchio liberare monarchico, assolutamente democratico d era per la coesistenza tra i partiti. Soprattutto per la partecipazione alla vita pubblica. Era totalmente contrario a manipoli, picchiatori eccetera, anche perché l’Italia non ne aveva mai avuti e non ne aveva neanche il bisogno».

Da storico, cosa pensa del dibattito a cui assistiamo oggi, con il rimpallo di accuse di violenza, manifestazioni in piazza, giornalisti e licei assaltati?
«Ritengo che sarebbe saggio non dare troppa enfasi a questi episodi per non incitare una specie di emulazione. Il paese è sostanzialmente tranquillo: le occupazioni nelle scuole sono un rito che è ormai consolidato nel tempo, basta avvicinarsi un pochino ad altre feste e queste cesseranno. Non bisogna ripeto esagerare. Non dimentichiamo un fatto fondamentale. Oggi l’Italia è collocata nell’Unione Europea ed è su questo che bisogna riflettere. Anche in altri stati succedono cose spiacevoli, ma in Italia non si sta peggio degli altri. Bisogna essere molto prudenti nel creare una psicosi da disordine pubblico visto che tutto sommato il paese sta funzionando. Questo non vuol dire che vada benissimo, tutt’altro. Vuol dire semplicemente che bisogna essere prudenti nel manipolare l’informazione».

E a chi dice che il Duce ha fatto anche cose buone?
«Assolutamente normale nell’Italia del dopoguerra creare le iniziative per i mutilati e tutte le altre cose importanti create durante i 18 anni del regime mussolininano. Non dimentichiamo però che per realizzarle, il Duce si è valso di persone che non erano assolutamente fasciste. Faccio un nome su tutti: Alberto Beneduce, che è stato il presidente dell’Istituto della Riconversione Industriale era assolutamente antifascista, era un socialista. Addirittura era un relatore del Grande Oriente d’Italia. Teniamo conto che Benito Mussolini era ferocemente antimassonico. Per fare funzionare lo stato e per fare le cosiddette cose buone dovette valersi di socialisti, socialriformisti, repubblicani e liberali eccetera eccetera perché la classe dirigente non si inventa e il movimento fascista non l’aveva. Se andiamo vedere bene, dei quadrumviri della Marcia su Roma nessuno venne creato ministro, vennero tutti tenuti ai margini. Mussolini dovette rivolgersi a chi le cose le conosceva. Quindi il governatore della Banca d’Italia, i grandi industriali, banchieri…»

Il personaggio

Aldo Mola è  nato a Cuneo nel 1943 (82 anni) Laureato in filosofia all’Università degli Studi di Torino con una tesi sulla storia del Partito d’Azione, nel 1969 divenne docente di ruolo di italiano e storia e di storia e filosofia. Dal 1977 fu preside incaricato del liceo scientifico di Bra, che fece intitolare a Giovanni Giolitti, e in seguito di altri istituti fino al 1998. All’insegnamento e alla presidenza accompagnò studi, pubblicazioni e organizzazione culturale. Docente a contratto presso la facoltà di scienze politiche dell’Università degli Studi di Milano, dal 1993 è contitolare della cattedra Théodore Verhaegen dell’università libera di Bruxelles. Autore, con Ruggiero Romano, di un manuale di storia, coordinatore di convegni e seminari di didattica della storia con Corrado Paracone, nel 1993 pubblicò Per una scuola che funzioni.

Nel corso della sua carriera si è occupato di numerosi argomenti: la figura di Giovanni Giolitti, la casata dei Savoia, la storia della Massoneria, il Risorgimento e storia locale per citarne alcuni. Ha oltretutto concorso al rimpatrio delle salme di Vittorio Emanuele III (da Alessandria d’Egitto) e della Regina Elena (da Montpellier) per la tumulazione nel Santuario di Vicoforte, vicino a Mondovì.