Sanremo

Alessandro Bertellotti "In Armenia per seguire la comunità perseguitata"

L'intervista al giornalista giramondo originario della Città dei Fiori. Per 12 anni freelance in Australia

Alessandro Bertellotti "In Armenia per seguire la comunità perseguitata"
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È tornato nei giorni scorsi dall'Armenia, dove era stato per un servizio radiogiornalistico e in questi giorni è a Sanremo, la sua città. E' stato invece premiato a Lugano perché secondo in un concorso internazionale di giornalismo legato ai temi dei diritti umani. Con lo stesso lavoro che aveva vinto a marzo, a Milano, come giornalista radiofonico, il primo premio dell'Ussi (Unione stampa sportiva).  Alessandro Bertellotti, figlio di Vittorio, figura notissima in città per i trascorsi da atleta e per essere stato l'anima della società Foce, è un giornalista giramondo. Oggi  lavora, con compiti direttivi, alla Rsi, Radio svizzera italiana. In precedenza è stato dodici anni in Australia dove ha lavorato come freelance sia per la radio che per la televisione svizzera, la Rai ma anche per diversi giornali come La Gazzetta dello Sport.

 

L'intervista ad Alessandro Bertellotti

Oggi ha 58 anni, una moglie, Giorgia, e due figlie, Nora, 11 anni, e Sveva, 8, promesse del nuoto sincronizzato. Laureato in Architettura, ha però fatto altro. «Ho avuto - racconta - una prima esperienza a Radio Stereo 103, con il Corriere Mercantile e la Gazzetta del Lunedì. C'erano, in radio, Ricky Persico, Carlo Alessi, Roberto Crippa, Stefano Pollini e altri. Agli inizi degli anni ‘90 e fino al 1996».

Come sei finito in Australia?
«Una docente universitaria di Sanremo che viveva in Australia, Patrizia Lombardi, mi aveva chiesto come organizzare una trasmissione radiofonica in Australia. Scoprii che c'era una emittente commerciale, Rete Italia, e una pubblica Sbs, che trasmetteva all'epoca in quasi 70 lingue fra le quali anche due ore il giorno in italiano. Ho cominciato con la Sbs. Mi spostavo però frequentemente anche in altri stati».

In quali paesi sei stato in quel periodo?
«Tutti i paesi del Sud Est Asiatico eccetto Laos, Birmania o Myanmar. Sono stato in Corea, Malesia, Singapore, Vietnam, Taiwan, Filippine, Giappone, Indonesia...»

In realtà in Birmania non potevi entrare...
«Ero nella lista nera dei giornalisti. Avevo contattato dei dissidenti birmani durante la prima giunta militare. Avevo provato a chiedere un visto. Che mi è stato sempre negato».

Ci sono stati momenti di pericolo nel tuo lavoro?
«A Timor Est. Nel corso della guerra civile del 1999. In uno scontro tra indipendentisti e filoindonesiani. Sono rimasto coinvolto negli incidenti dove morì un giornalista olandese che lavorava per il Financial Time».

Quando e perché ti sei trasferito in Svizzera?
«Nel marzo del 2007 ero finito in Indonesia, a Giakarta. A giugno 2007 la Radio svizzera mi ha offerto un posto fisso a Lugano. Ho accettato e ho iniziato a luglio. Sempre alla radio, al notiziario, alla redazione esteri, al programma 'Mille voci', dalle 11 a mezzogiorno, e 'Modem' programma di approfondimento. Poi sono passato alla rete 2, culturale».

Capita lo stesso di fare servizi all'estero?
«Sì in nord Europa, in Russia, Polonia, Repubblica ceca, Francia, Germania. E sono appena rientrato dall'Armenia per seguire la vicenda della comunità armena perseguitata».

Quando torna a Sanremo che fai?
«Passo il tempo con i miei genitori Vittorio e Gabriella.  Ogni volta provo un po' di crisi di identità. Sono andato via una trentina di anni fa. Sono straniero dappertutto ma a Sanremo molto meno: mi sento a casa».

Cosa si aspetta ancora dalla vita, ha ancora un sogno?
«Mai più avrei immaginato che un giorno avrei lavorato per la Radio svizzera. Da bambino sognavo di fare il corrispondente estero guardando in tv Ruggiero Orlando, Demetrio Volcic e altri».

Marco Corradi

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