L'Armata dei Randagi, un oasi per i cani "emarginati"
Nino applica un approccio che considera il cane come un soggetto dotato di mente il cui comportamento e apprendimento sono il risultato delle esperienze vissute e delle sue attività mentali
C’è un posto a San Romolo, un oasi, in cui i cani considerati “fobici” o “senza speranza” hanno trovato uno spazio in cui condurre una vita dignitosa, sperimentare socialità libere ed esprimere la loro individualità finalmente lontani dall’orrore di una gabbia senza via di uscita.
È Stefano “Nino” Di Caprio che, circa 15 anni fa, ha iniziato ad accogliere cani che erano stati rifiutati perché “non conformi alle aspettative dell’uomo”. Nel corso degli anni i cani sono diventati 14. Una vera e propria armata ed è da qui che nasce il nome dell’associazione di promozione sociale “Armata dei Randagi”.
Un nuovo approccio verso il cane
Affiancato dal socio e suo vice Federico Arizzi, Nino applica un approccio (purtroppo ancora poco conosciuto) che considera il cane come un soggetto dotato di mente il cui comportamento e apprendimento non sono frutto di un condizionamento bensì il risultato delle esperienze vissute e delle sue attività mentali. Si tratta di una tecnica alternativa al classico “addestramento” che Di Caprio e Arizzi hanno appreso attraverso dei corsi di “Approccio Congnitivo Zooantropologico”. «I cani non sono giocattoli e vanno rispettati - spiega Nino - Non è con il dominio che si ottiene la loro fiducia ma con la libertà e il rispetto della loro dignità». E aggiunge: «Troppo spesso, identifichiamo un cane per “bravo” quello che non attua un comportamento che ci infastidisce: non tira, non abbaia, non litiga. Oppure semplicemente il cane che ha comportamenti che sono a noi più congeniali: è bravo con tutti, dove lo metti sta, sembra di non averlo, fa le feste a tutti. Con il nostro lavoro dimostriamo che non deve essere per forza così. Che per cambiare davvero qualcosa, basterebbe cambiare le nostre aspettative su quello che è, a tutti gli effetti, un essere senziente unico e irripetibile. Perché, sì c’è l’emulazione nei cani, ma non l’omologazione».
La storia di 243 e 245
Ogni membro dell’Armata ha la propria personalità e la propria storia. Ognuno di loro è unico e il fatto di essere accolti da scodinzolii e feste da molti di loro è la prova che i cani vengono troppo spesso e troppo facilmente considerati “irrecuperabili” o “aggressivi”. Stare nel branco con una guida, quella di Nino, che permette loro di vivere la propria vita secondo i propri ritmi ne è la conferma. Sono tante le storie che accompagnano i randagi dell’Armata. Una delle più toccanti è senza dubbio quella di “243” e di sua mamma “245”. Si tratta di due cagnette che portano come nome il numero delle gabbie che le hanno ospitate per tutta la vita. Hanno 15 anni una e 13 l’altra. 245 entrò in canile a Taranto all’età di un anno e incinta. 243 nacque in gabbia e vi passò la sua intera vita fino a quando Nino venne chiamato da una volontaria che gli raccontò la loro storia. L’Armata si mobilitò per recuperare prima una poi l’altra per regalare loro gli ultimi anni di vita libere di girare in un grande giardino, interagire con altri cani e imparare che non tutti gli uomini sono cattivi.
Rispetto tra umano e cane
La storia di Nino e dei suoi randagi non vuole suscitare pietà o applausi ma semplicemente far conoscere la possibilità di approcciare un cane fondando il rapporto sul rispetto reciproco. L’invito è dunque quello di accogliere nella propria vita cani dal canile e non i cuccioli, ma soprattutto accettando il fatto che si tratti di esseri viventi che come noi hanno un carattere, antipatie e una propria testa pensante. E su questo punto Nino aggiunge: «Una frase che descrive perfettamente questo pensiero è quella di David Morettini (istruttore cinofilo con formazione cognitiva zooantropologica ndr): “I cani non hanno bisogno di uno specchio per guardarsi e riconoscersi, perché il resto del mondo là fuori funge da specchio. Devono imparare a sapere chi sono prima e sapranno successivamente chi sono per gli altri”». L’importante, prima di fare un’adozione, è capire il motivo per il quale si vuole adottare un cane e che non venga visto come la “compensazione” di un vuoto nella propria vita.
Per conoscere le storie di tutti i membri dell’Armata, del lavoro quotidiano che fanno Di Caprio e Arizzi e su come, volendo, si può dare un sostegno, basta visitare la pagina in costante aggiornamento https://www.facebook.com/Armata.dei.randagi/.