Balenottera ferita avvistata da nave. L'allarme di Tethys
"L'unico sistema efficace è ridurre la velocità delle imbarcazioni nelle aree critiche"

Una visione tanto insolita quanto sconcertante è quella che ha accolto le persone a bordo della motonave “Corsara” della Golfo Paradiso salpata l’altro ieri, 13 agosto, da Andora nel Ponente ligure, per una uscita di whale watching: una balenottera con una serie di vistosi tagli sul dorso, da cui su un lato addirittura fuoriuscivano grosse “bolle” di grasso sottocutaneo.
Balenottera ferita avvistata da nave. L'allarme di Tethys
Nonostante l’impressionante ferita, apparentemente recente, che dimostra in maniera eloquente una collisione con l’elica di un’imbarcazione, l’animale era vivo e alternava periodi in superficie a brevi immersioni. Le balenottere comuni (Balaenoptera physalus) sono una delle specie iconiche di mammiferi marini che vivono nei nostri mari; vengono avvistate soprattutto in estate nel mar Ligure e di Corsica, dove si alimentano di krill.
È un tratto di mare che fa parte del Santuario Pelagos, istituito proprio per la protezione di balene e delfini del Mediterraneo, ma che purtroppo coincide anche con una delle zone dal traffico marittimo più intenso al mondo.
«Ferite del genere purtroppo non sono un caso isolato - dice Maddalena Jahoda - ricercatrice dell’Istituto Tethys, la non-profit che da quasi 40 anni studia i cetacei del Mediterraneo con un’attenzione particolare proprio al Santuario -. È uscito proprio di recente un articolo sulla rivista scientifica “Ecology and Evolution” (*) su una delle storie più drammatiche, quella di “Codamozza. Una balenottera che ha avuto la coda completamente amputata, per poi morire dopo un anno di sofferenze. Troppo spesso.- aggiunge Jahoda, che è primo autore proprio di questo lavoro - avvistiamo sia capodogli che balenottere con ferite da elica ormai cicatrizzate. E questi sono solo alcuni i casi di cui veniamo a conoscenza; si pensa che molti incidenti, anche mortali, avvengano senza che nessuno se ne accorga»
«Il rischio aumenta con la velocità delle imbarcazioni, particolarmente dai 10 nodi in su - dice Sabina Airoldi, sempre di Tethys -. In alcune zone del mondo sono state spostate le rotte dei traghetti in maniera da diminuire il rischio che investano balene, ma nel Santuario questo è difficilmente fattibile perché le balenottere sono disperse sopra i fondali alti, al largo, in maniera poco prevedibile. Più sottocosta, invece, sono i capodogli, la seconda specie di grande cetaceo dei nostri mari, a essere pericolosamente vicini alle rotte dei cargo.»
«In attesa di eventuali soluzioni tecnologiche, come quelle che sta studiando il progetto europeo Life SeaDetect, a cui partecipa anche Tethys, l’unica misura al momento attuabile è la riduzione della velocità nelle aree più critiche;- sostiene Simone Panigada, Presidente di Tethys. Che aggiunge - Questo peraltro troverebbe fondamento giuridico nel recente riconoscimento da parte dell'organizzazione Marittima Internazionale (IMO), del Mediterraneo nord-occidentale come Area Marina Particolarmente Sensibile (PSSA).»
Quanto alla balenottera di Andora «Eravamo molto colpiti e non ci siamo voluti avvicinare troppo - dice Federica Cammarano, biologa a bordo della “Corsara” - per non disturbare l’animale, sicuramente sofferente».
Le Capitanerie di Porto locali, fin da ieri, sono allertate e pronte a raccogliere eventuali segnalazioni dell’animale; i ricercatori dell’Istituto Tethys raccomandano però a chiunque avvisti la balenottera di non avvicinarsi per non causarle ulteriore stress.