Clamorosa truffa: blitz dei carabinieri ad Arma di Taggia, arrestati marito, moglie e figlio. Foto e Video
Blitz all'alba dei carabinieri in un'abitazione di Taggia
Una intera famiglia, composta da: Daniele Riviera, 43 anni (marito); Sonia Magaton, 42 anni (moglie) e Davide Riviera, 21 anni (figlio), abitante ad Arma di Taggia, è stata arrestata, stamani, dai carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Sanremo, coadiuvati dai militari della Stazione di Arma di Taggia e Santo Stefano al Mare, nell'ambito di una indagine per circonvenzione di incapace in concorso, coordinata dalla Procura di Imperia. Tre le misure cautelari: in carcere per la donna e ai domiciliari per gli altri due imputati.
Parte offesa è un commerciante poco meno che settantenne
di Riva Ligure, al quale i tre avrebbero sottratto, dal 2015 ad oggi, certamente oltre 110mila euro (anche se informalmente si parlava di una cifra più che doppia, ma indagini sono ancora in corso), nell'ambito di una falsa compravendita di prodotti alimentari, che non si è mai concretizzata per (guarda caso) una serie di intoppi legali. L'attività investigativa è partita da una segnalazione, in base alla quale si è appurato che da cinque anni la famiglia aveva indotto la vittima degli abusi a versare periodicamente somme tra i 500 e i 2.000 euro, convincendola così di poter ottenere un risarcimento milionario per il mancato perfezionamento della compravendita.
I particolari della circonvenzione
In particolare, i tre avevano convinto il commerciante di aver acquistato una partita di merce per un importo di alcune decine di migliaia di Euro (fatto in realtà mai avvenuto); di aver intentato una (inesistente) causa risarcitoria presso un tribunale francese tramite un avvocato associato a uno studio legale situato in Bulgaria (realmente esistente ma estraneo alla vicenda) e di aver ottenuto un risarcimento superiore a 500mila euro, che sarebbe stato versato una volta pagate le spese di istruttoria e previo sblocco di un altrettanto fantomatico server. A confermare il raggiro ci sarebbero alcuni documenti in lingua straniera contraffatti; insistenti pressioni sul commerciante e telefonate da un soggetto arrestato che nel tempo aveva assunto il ruolo fittizio di avvocato.
Falsi ma ben orchestrati dalla donna
oggi in carcere, la quale - grazie a non comuni doti di attrice (così ritengono gli investigatori) - impersonificava sia il ruolo di una vittima dello stesso rivenditore di merce mai consegnata e accomunata nel diritto al risarcimento, nonché quello di legale, facendo credere di aver fatto ottenere un risarcimento milionario esigibile attraverso le continue richieste di denaro per aprire il server. Nella convinzione che ogni versamento fosse stato quello definitivo per ottenere il risarcimento a “sei zeri”, negli anni la vittima (in uno stato di totale soggezione e prostrazione psicologica) ha dilapidato il patrimonio familiare, giungendo anche alla vendita di beni immobili.