Giustizia è fatta per Sargonia, Aldobrandi condannato all'ergastolo

I pubblici ministeri Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi avevano chiesto la condanna all'ergastolo per il pizzaiolo

Giustizia è fatta per Sargonia, Aldobrandi condannato all'ergastolo
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E’ stato condannato all'ergastolo il pizzaiolo e ristoratore Salvatore Aldobrandi, 75 anni, originario di San Sosti (Cosenza), ma da anni residente a Sanremo, accusato omicidio volontario aggravato dai motivi abbietti per avere ucciso Sargonia Dankha, 21 anni, di origini irachene, naturalizzata svedese, sparita nel nulla nel primo pomeriggio del 13 novembre del 1995 a Linköping, in Svezia.

Il dispositivo della sentenza è stato letto, nel pomeriggio

Il dispositivo della sentenza è stato letto, nel pomeriggio dopo un weekend di camera di consiglio, che il presidente della Corte di Assise, Carlo Alberto Indellicati; il giudice a latere Eleonora Billeri e i sei componenti della giuria popolare, hanno trascorso in un albergo del vicino porto di San Lorenzo al mare. La condanna ricalca perfettamente le richieste dei pubblici ministeri Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi. All’ergastolo, si aggiunge anche una nuova provvisionale di 300mila euro a favore della madre di Sargonia, 100mila euro per il fratello e 14mila euro per le spese legali di parte civile.

La difesa, invece, sostenuta dall’avvocato Fabrizio Cravero aveva concluso, chiedendo in via preliminare l’assunzione “delle prove richieste” ovvero l’audizione di altri testi. In via principale, inoltre, aveva chiesto l’assoluzione “Perché il fatto non sussiste o la formula che si ritiene” e in subordine “Esclusione della recidiva, insussistenza dell’aggravante contestata e concessione delle attenuanti”.

Nel corso della discussione, durata circa tre ore

Nel corso della discussione, durata circa tre ore  il pubblico ministero ha sottolineato che si procede in Italia e non in Svezia per l’assenza del cadavere. “Nell’ordinamento svedese non si è preceduto, non per mancanza di elementi indiziari, ma per la mancanza del corpo e di testimoni diretti dell’omicidio”. Il pm cita, poi, il caso di Roberta Ragusa, col marito Antonio Logli che  è stato arrestato e condannato, malgrado l’assenza del cadavere. Citando la sentenza della Cassazione afferma: “Non è morte accidentale altrimenti avremmo trovato il corpo e allora, è sicuramente una morte omicidiaria”.

Le dichiarazioni a caldo del pm Maria Paola Marrali

"È una grande soddisfazione per il lavoro immenso, che c'è stato nel corso di indagini preliminari, soprattutto a parte di collega Gobbi, che si è preoccupato preliminarmente di tutte le vicende relative al diritto. È un lavoro molto importante anche nel corso dell'istruttoria dibattimentale, che è durata oltre un anno e quindi è un'affermazione, che il lavoro di squadra ancora una volta aiuta, perché non siamo solo noi, c'è tutto l'ufficio, il procuratore che ci ha messo a disposizione le migliori forze per affrontare tutti i problemi che ci sono stati; la sezione di polizia giudiziaria che ci ha supportato in maniera incredibile; e devo dire anche la parte civile con la quale c'è stato un ottimo rapporto all'inizio, ognuno ovviamente con le proprie competenze, ma è stata veramente una grande soddisfazione per noi, per il nostro ufficio e mi piace dire, forse esagero, per l'Italia, che ha saputo dare una risposta di giustizia dopo tanti anni a una famiglia, colpita da un fatto gravissimo".

Le dichiarazioni del pm Matteo Gobbi

"Non posso, che confermare le parole della collega, che ringrazio per essermi stata al fianco in questi anni, perché ovviamente era un lavoro impegnativo, ma fatto da parte nostra con un unico obiettivo: non era un nostro fascicolo, una nostra indagine, niente di tutto questo, ritenevamo necessario arrivare a qualunque risposta il tribunale avesse dato, perché ovviamente poteva non essere anche una condanna, però con la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per un fatto gravissimo che noi ritenevamo necessario, che avesse una risposta a distanza di trent'anni. Un conto è avere a che fare con situazioni anche gravi, o meno gravi, che devono essere affrontate nell'immediato, un conto è capire dopo una lettura attenta di tutti gli atti, che questa famiglia era stata anche devastata, aveva subito l'onta per il discorso legato ad una mancanza di risposta e questo ci ha animato profondamente a portare avanti questo lavoro faticoso. Grazie insomma a tutto il lavoro di squadra che è stato fatto, con un risultato che ci soddisfa ovviamente". C'è stato un momento in cui avete perso le speranze? "No, speranze no, perché alla fine la collega poi lo saprà meglio di me, io sono da poco in servizio, però è evidente che nel corso di un processo, nel corso di un'indagine, ci sono tanti momenti in cui le cose possono andare bene o meno bene, non dico che si tratta di una guerra, ci mancherebbe altro, però con tutte le virgolette e le metafore del caso ci possono essere delle battaglie che non si riesce a vincere, ma l'importante è avere ben chiaro un obiettivo finale e noi pensavamo di averlo senza nessun tipo di problema nel dover andare avanti se ogni singola udienza è stata faticosa e se ci sono stati anche degli inconvenienti di percorso".

L'avvocato di parte civile Francesco Rubino

Siamo veramente molto contenti per noi e per la famiglia, che purtroppo non è riuscita a reggere alle emozioni di venerdì ed è tornata in Svezia. L'abbiamo già contattata e sono felicissimi, perché anche questo processo non restituirà loro Sargonia, riusciranno però a mettere un punto a questa vicenda durata trent’anni”.

A parlare è l’avvocato Francesco Rubino, parte civile della famiglia di Sargonia Dankha, che così commenta la condanna in primo grado all’ergastolo nei confronti di Salvatore Aldobrandi, accusato dell’omicidio della ragazza."Eravamo convinti che la Corte avrebbe creduto alle nostre ricostruzioni - ha aggiunto - che ci fossero prove sufficienti e che il grandissimo lavoro dei poliziotti nel 1995, della Procura d'Imperia e poi nostro, per fare aprire questo processo, fosse alla fine riconosciuto. Ed è stato riconosciuto non solo che Aldobrandi ha commesso un omicidio, ma che l'ha commesso in circostanze particolari, cioè coi motivi abietti: una costante relazione caratterizzata dal possesso e dall'ossessione, quello che ha determinato oggi l’ergastolo".

Senta, lei venerdì parlava che il vostro obiettivo chiaramente era quello di dare dignità alla famiglia e dignità a un corpo che non è ancora stato trovato. Direi che con questa sentenza è stato fatto.
"Assolutamente, ripeto, è stato riconosciuto il fatto, che non è vero che non c'è più Sargonia; c'è ancora, è rimasto qualcosa di Sargonia, è rimasta gente che lotta per lei: prima la famiglia e poi noi che abbiamo sempre creduto sin dall'inizio che potessimo arrivare a questo risultato e senza crederci così tanto e senza la procura d'imperia, che ha creduto come noi a questo risultato, non ce l'avremmo fatta".
Senta, ci racconta cosa si ricorda del giorno in cui sono venuti i familiari a parlare con lei?
"Guardi, io mi ricordo della prima volta che mi hanno contattato, che mi ha fatto quella domanda che ho anche detto venerdì, cioè se in Italia era possibile riuscire dove in Svezia non sono riusciti per ventinove anni. Ma mi ricordo ancora di più quando io l'anno scorso sono andato dalla madre, quasi contento, soddisfatto, che insomma Aldobrandi era in carcere sebbene in via preventiva e lei mi ha detto ma riuscirà a avere il corpo della mia Sargonia? Perché lei ancora di più che questo verdetto vorrebbe avere veramente un fiore da posare al corpo della sua amata figlia. Io le ho detto che a questa domanda, purtroppo non siamo riusciti a rispondere, perché è una domanda a cui può rispondere solo l'imputato. Però se non altro loro riescono a mettere un punto, a chiudere una parentesi della loro vita che è durata per 30 anni e finalmente a tanti chilometri di distanza sono riusciti ad avere giustizia".
Avete già detto qualcosa alla famiglia?
"Abbiamo solo comunicato l'esito, erano, io credo, forse increduli perché sia loro che tutta la città di Linköping sta attendendo questo risultato e io credo che se fossero ancora convinti stamattina che non era possibile, che così tanto lontano, in un territorio così anche un po' distante da loro, riuscissimo veramente a ottenere una giustizia di questo tipo, io credo che la ferita che c'è ancora in questa città oggi si sia finalmente rimarginata".

Fabrizio Tenerelli

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