la disputa con i marocchini per controllare il territorio

"I calabresi ne hanno le palle piene... Non vengono alle mani, ti sparano addosso"

C’era una disputa tra calabresi e marocchini nel controllo del traffico di stupefacenti. Così risulta dalle carte dell’operazione antidroga

"I calabresi ne hanno le palle piene... Non vengono alle mani, ti sparano addosso"
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I calabresi ne hanno "le palle piene" dei marocchini

C’era una disputa tra calabresi e marocchini nel controllo del traffico di stupefacenti. E’ quanto si evince dalle carte dell’operazione antidroga della Guardia di Finanza di Imperia - domani (martedì 14) sono fissati i primi interrogatori di garanzia - che ieri ha dato esecuzione a un’ordinanza con l’arresto di 26 persone (ventitré delle quali in carcere) appartenenti, secondo la Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo, a una associazione per delinquere che utilizzava metodi mafiosi, evocando i nomi delle famiglie Gioffrè e De Marte per ottenere rispetto e farsi largo nel mercato.

Tra le accuse che gli inquirenti muovono agli indagati, c’è anche

l’aggravante di avere l'associazione operato avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis c.p. - si legge agli atti - cercando di affermare e affermando il proprio monopolio nell'area del Dianese dove gestisce lo spaccio avvalendosi di una numericamente cospicua rete di venditori, anche grazie alle minacce e all'evocazione del nome della famiglia De Marte - Gioffrè, che, per reputazione criminale acquisita, le consente di affermarsi nel mercato locale degli stupefacenti”.

Un timore reverenziale che emerge, ad esempio, quando Gioffrè

teme che un pusher di nazionalità marocchina si appropri di quote di mercato controllate dal proprio gruppo. Ai magrebini Gioffrè fa sapere, tramite un proprio “sodale”, che gli stavano dando fastidio: “Tieni lontano a quello lì perché danno fastidio a me e poi mi incazzo”, dice. E se la minaccia verbale non dovesse bastare, progetta di farlo con un’arma: "Quello è da mettercela in bocca e di metterlo in ginocchio...inc.le..per farlo spaventare come si deve”.

Al sodale Santarpia, Gioffrè affida

Messaggi di ritorsione nel caso in cui lo stesso o i suoi correi avessero continuato a vendere stupefacente a Diano Marina e a San Bartolomeo, dicendogli di comunicare che ‘i calabresi’ avevano ormai perso la pazienza, anche evocando il cognome della propria famiglia, inserita nella mappa della criminalità organizzata della provincia di Imperia contenuta nelle relazioni semestrali della Dia: “Il cognome mio non lo sa..cognome non dirglielo? digli ‘sai i calabresi’. Digli ‘i calabresi hanno le palle piene’”. E se devono dimostrare la propria supremazia sul territorio: “Non vengono con le mani...ti sparano addosso...te ne vai via di qua....se vuoi lavorare lavori con noi”.

A chi gli era debitore, Gioffrè mandava messaggi di minaccia, e come sottolineano gli investigatori: "Faceva presente le provenienza regionale sua e dei suoi soci ('non siamo liguri eh!'... oppure..."perché non parli con un milanese parli con un calabrese”.)".

Fabrizio Tenerelli

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