L'associazione Terra di confine e la Protezione civile di Dolceacqua alla frontiera con l'Ucraina
Un viaggio lampo a Beregsurany, in Ungheria, dove sorge un centro di accoglienza profughi gestito dai Cavalieri di Malta
Il viaggio al confine con l'Ucraina per portare generi di prima necessità ai profughi
L’associazione “Terra di confine” di Ventimiglia è partita alla volta del confine con l’Ucraina per un viaggio umanitario al quale ha preso parte anche la Protezione civile di Dolceacqua. L’equipaggio era composto da Cristian e Simone Vacca e da Mirko Scarfò. Un viaggio lampo a Beregsurany, in Ungheria, dove sorge un centro di accoglienza profughi gestito dai Cavalieri di Malta.
Il racconto del viaggio fino a Beregsurany
“Siamo partiti, alle 5, di venerdì primo aprile - raccontano - e abbiano guidato tranquillamente, tra i vari cantieri autostradali, fino a Desenzano. Alle 11, siamo dovuti uscire e trovare un meccanico, essendosi guastato un motorino dei tergicristalli. Trovare il pezzo non è stato semplice e così siamo stati costretti a rinviare al pomeriggio e siamo ripartiti, verso le 16”. Ma non finisce qui. “Viaggiando sotto l’acqua siamo arrivati in motel, di notte verso l’una meno un quarto. Abbiamo fatto una doccia e dormito e, alle 8, eravamo già ripartiti per il campo. Al nostro arrivo erano contenti di vedere gli italiani. Avevamo 2,3 tonnellate tra cibo, medicine e vestiti. Abbiamo donato giocattoli e caramelle ai bambini, felicissimi di ricevere un regalo. Abbiamo preso un caffè e scambiato due parole con gli operatori del campo. Quindi, abbiano fatto salire con noi marito e moglie che dovevano andare vicino Gorizia dalla figlia e siamo andati a scaricare gli aiuti in un magazzino della Croce Rossa”
L'emozione di incontrare i bambini
Prosegue il racconto: “quindi, abbiamo intrapreso la strada del ritorno. Fino al confine con l’Italia, l’autostrada era senza cantieri, ma con vento, pioggia, neve e grandine. Per fortuna, si viaggiava tranquillamente”. Concludono i tre volontari: “E’ stata comunque un’emozione fortissima, ne è valsa la pena. L’accoglienza al campo è stata emozionante: tutti volevano parlarci, scattare una foto ricordo con noi italiani. Ci chiedevano com'è stato il viaggio e se avevamo novità sulla situazione in Ucraina, perché non hanno molte notizie sulla guerra e ascoltano qualche telegiornale soltanto. Insomma, è stato un viaggio che unisce, in cui cadono tutte le barriere linguistiche e culturali”.