L'ex ministro Scajola accusato di legami con la massoneria deviata

Massoneria deviata: si aggrava la posizione dell'ex ministro ed attuale sindaco di Imperia. Gli investigatori montano il castello accusatorio

L'ex ministro Scajola accusato di legami con la massoneria deviata
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Il pm Giuseppe Lombardo oggi ha cambiato a sorpresa il capo d'imputazione nei confronti di Claudio Scajola

Rappporti con la massoneria deviata nelle nuove accuse

Si aggrava la posizione dell'ex ministro Claudio Scajola, che al processo di Reggio Calabria, dove è alla sbarra per aver favorito, secondo l'accusa, la latitanza dell'ex deputato di Forza Italia, Amedeo Matacena, è stato anche accusato di aver favorito la "massoneria deviata" e un sistema di potere occulto legato alla 'ndrangheta e alla politica. Il pubblico ministero Giuseppe Lombardo questa mattina ha chiesto una modifica del capo d'imputazione.

Sembra che proprio questo piccolo colpo di scena abbia convinto Marcello Dell'Utri (che proprio oggi doveva essere sentito) ad avvalersi della facoltà di non rispondere.

Queste ipotesi di rapporti di Scajola con presunte logge massoniche deviate non è una novità. Si tratta di accuse già contenute nell'informativa degli investigatori della Dia e basate sulle dichiarazioni di un pentito, Cosimo Virgiglio, massone vicino alla 'ndrangheta e in particolare al Clan Molè

Ecco l'informativa della Dia

Secondo l'Antimafia esiste uno  “Stato parallelo”, una  “superassociazione” nel quale la ‘ndrangheta si pone “al pari di altri componenti di un sistema politico-economico pantagruelico e deviato”. Le latitanze di Marcello Dell’Utri e Amedeo Matacena, condannati  per concorso esterno in associazione mafiosa, sono collegate secondo la Direzione investigativa antimafia.

Nell''informativa di 188 pagine la Dia chiama in causa anche un uomo dell'ex ministro a Sanremo, il dentista Pino Riotto, cugino  di un avvocato di Gioia Tauro, a suo tempo arrestato. Secondo gli inquirenti Scajola sarebbe stato “funzionale al trasferimento di Matacena da Dubai verso il Libano” dove l'ex parlamentare di Forza Italia non è mai arrivato perché dopo l’arresto di Dell’Utri a Beirut  è rimasto negli Emirati Arabi. Nel progetto di fuga c'era “il coinvolgimento, in qualità di emissario libanese, di Vincenzo Speziali” un calabrese - sposato con la nipote del leader delle falangi libanesi Amin Gemayel - che  ha già patteggiato un anno  per il suo ruolo nel trasferimento - mai avvenuto - di Matacena da Dubai a Beirut. Secondo l'accusa Speziali è stato “l’intermediario tra l’ex ministro e l’ex presidente del Libano che aveva offerto le necessarie garanzie in ordine al rigetto della richiesta di estradizione del Matacena da quel territorio”.  Speziali - si legge nell'informativa - è stato al “centro di una rete di collegamenti e di interessi fortemente orientati a garantire l’impunità a soggetti funzionali ad un vasto sistema economico-criminale, con dirette finalità di agevolazione e conservazione del relativo assetto illecito”.

Nell'informativa della Dia anche il nome dell'ex marito di Anna Falchi Stefano Ricucci

Nell’informativa della Dia spunta pure il nome dell’immobiliarista Stefano Ricucci ex marito di Anna Falchi, che, dopo i falliti tentativi di avere finanziamenti dalla Carige aveva provato con le banche libanesi, in particolare  la Gazprom Investiment Banking. E anche qui spunta Vincenzo Speziali e di nuovo Scajola, secondo quanto raccontato alla Dia da  Sergio Billé (potentissimo ex presidente nazionale di Confcommercio) che per rientrare di grosse somme di denaro ha cercato di aiutare Ricucci:  “Visto l’insuccesso con la Carige cercammo insieme a Ricucci altre vie, per poi decidere di seguire la linea libanese. Questo su suggerimento di Scajola, in quanto sosteneva che Speziali poteva aiutarci tramite i rapporti di parentela che vantava con Sursock” (Robert K. Sursock, numero uno a Beirut di Gazprombank ndr).

Ma l'operazione fallisce: “Mi sono recato a Beirut – dichiarerà  Ricucci alla Dia – perché volevamo, come gruppo a me riconducibile, acquistare dei crediti finanziari e cercavamo attraverso delle banche finanziamenti per circa 30/40 milioni di euro oppure di 75 milioni se rientravano anche degli immobili. Non ho concluso nulla con la Gazprom perché a dire di Sursock la banca Gazprom non poteva fare l’operazione da me richiesta”.

Scajola, la 'ndrangheta e Impregilo. I verbali di Virgiglio

Come anticipato nell’inchiesta Breakfast sono finite le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Cosimo Virgiglio, massone e uomo del Clan Molè di Gioia Tauro:  “la ‘ndrangheta tramite Scajola voleva arrivare a Impregilo” ha detto parlando di logge segrete, ordini cavallereschi e riunioni tra massoni alla presenza di uomini delle forze dell'ordine,  generali e politici: “Quella sera c’era Lisi della Guardia di Finanza. Uno era Claudio Scajola e l’altro era il comandante reggente Meninni, che sarebbe il primo ministro sanmarinese. Scajola all’epoca non solo era il ministro delle Infrastrutture, ma aveva anche la delega ai servizi segreti”.

E' il caso di sottolineare che Scajola non è mai stato ministro delle Infrastrutture.

“Si dà atto – sottolinea la Dia – che Virgiglio riferisce dei rapporti fra la loggia Garibaldini d’Italia, la loggia coperta di Ugolini Giacomo Maria denominata Grande Oriente di San Marino e i Molè-Piromalli”. Il pentito nomina Carmelo Cedro (“era dei templari”), imprenditore di Gioia Tauro di cui racconta  “della sua iniziazione all’ordine dei Poveri Cavalieri di Cristo, e di aver fatto in più occasioni da autista a Claudio Scajola, nel corso di alcuni viaggi fatti in Calabria dall’ex parlamentare” che “dialogava (Scajola, ndr) con l'avvocato di Reggio”. L'avvocato dal 2001 al 2008 è stato supercosulente del commissario straordinario per l’emergenza rifiuti della Regione Calabria. Secondo la Dia è legato da vincoli di parentela con la cosca Piromalli e arrestato nell’inchiesta antimafia “Metauros”.  La Dia sottolinea come l'avvocato sia cugino del dentista di Sanremo Giuseppe Riotto, originario di Gioia Tauro, ex assessore con delega al casinò ai tempi della traballante maggioranza del sindaco Claudio Borea (che per restare in sella fu appunto costretto a fare Riotto assessore). Per la Dia Riotto era  “asservito politicamente” a Scajola, come si evince da un’intercettazione con il cugino  in cui Riotto dichiara testualmente: “Ho un solo padrone che si chiama Claudio Scajola”.

Un sistema che per gli investigatori era in grado di scippare a governo e istituzioni il proprio ruolo. Gli inquirenti parlano di un giro di relazioni politiche, istituzionali e imprenditoriali su base regionale, nazionale e internazionale. Uno Stato parallelo, insomma, che sarebbe sorto sulle ceneri della Loggia P2.

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