Processo Scajola a Reggio Calabria, non fu lecito l'aiuto a Matacena. Le motivazioni
La condotta di Scajola "non si è esaurita in aiuto lecito al latitante", per l'esistenza di "indubbi e consolidati" rapporti
Processo Scajola
"Dal punto di vista oggettivo la condotta di Scajola e della Rizzo è certamente strumentale a consentire a Matacena di protrarre la sottrazione all'esecuzione della pena che gli è stata inflitta a seguito di processo svoltosi con tutte le garanzie previste dall'ordinamento democratico per uno dei reati di massima offensività".
Così i giudici del Tribunale di Reggio Calabria nelle motivazioni della sentenza con cui, il 24 gennaio scorso, hanno condannato a 2 anni l'ex ministro dell'Interno, ora sindaco di Imperia, Claudio Scajola e ad un anno Chiara Rizzo, per procurata inosservanza della pena dell'ex deputato di Fi Amedeo Matacena, latitante a Dubai dopo una condanna a 3 anni per concorso esterno in associazioni mafiosa.
Per i giudici è emerso
"un interesse ad aiutare Matacena per ottenere asilo politico in Libano a seguito di una richiesta della moglie Chiara Rizzo", e la condotta di Scajola "non si è esaurita in aiuto lecito al latitante", per l'esistenza di "indubbi e consolidati" rapporti.
Sono oltre millecinquecento le pagine della motivazioni redatte dal Tribunale di Reggio Calabria (estensore Natina Pratticò) che concludono il primo grado del processo "Breakfast". Per Matacena e due collaboratori della famiglia Matacena, Martino Politi e Maria Grazia Fiordelisi - che sono stati assolti - lo stesso procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, aveva chiesto la revisione dell'ipotesi originaria di reato, cioè di avere favorito, come Matacena, un'associazione mafiosa.
Per il Tribunale
"la comune militanza politica tra Scajola e Matacena" è la chiave di snodo di importanti relazioni istituzionali ed imprenditoriali che Matacena intesse soprattutto nel periodo in cui Scajola era ministro dello Sviluppo economico e delle Attività produttive. Un rapporto talmente solido che, come scrivono i giudici, nel momento in cui l'ex deputato latitante in Dubai apprende della sentenza definitiva di condanna, avverte la moglie di contattare Scajola, "perché Claudio ci è stato sempre molto vicino". Rapporti, secondo i giudici, che resteranno inalterati anche durante la latitanza del Matacena.
Da qui, i tanti incontri tra Chiara Rizzo e Claudio Scajola a Montecarlo e sulla riviera ligure dopo la fuga di Matacena, "cercando anche una soluzione per evitare le ricerche dell'autorità giudiziaria italiana". Per i giudici del Tribunale di Reggio Calabria appare chiaro che Scajola "si appalti la questione dello spostamento di Matacena" da Dubai a Beirut, contattando Vincenzo Speziali, un imprenditore di origine catanzarese, residente in Libano in paese in cui aveva numerosi contatti. "Un piano - sottolineano i giudici - progettato con cura e affidato a personalità di alto rango istituzionale".
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Fonte Agenzia Ansa