Traffico di clandestini in condizioni disumane: condanne appese a un cavillo giudiziario

Il prossimo 21 giugno, infatti, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, si esprimerà su una questione giuridica riguardante il comma 3 dell’articolo 12 del Dlgs 286/1998 (Legge Bossi Fini).

Traffico di clandestini in condizioni disumane: condanne appese a un cavillo giudiziario
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Rischia di saltare a fine giugno, ma anche più tardi, per un cavillo giudiziario, la decisione al processo (in abbreviato) relativo al filone imperiese della maxi operazione contro il traffico internazionale di migranti, scattata nel gennaio del 2017, tra Ventimiglia e Milano.

Il prossimo 21 giugno, infatti, la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, si esprimerà su una questione giuridica riguardante il comma 3 dell’articolo 12 del Dlgs 286/1998 (Legge Bossi Fini).

In pratica: se la Suprema Corte lo considererà come aggravante del comma 1, le pene a cui andranno incontro gli imputati saranno molto più basse; se invece lo considererà come reato autonomo, si preannunciano pene (in caso di condanna) molto più elevate.

Ecco il comma 3 dell’articolo 12 cosa recita.

3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui:

a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;

b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale;

c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale;

d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;

e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.

Per tutti le accuse sono di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e, in alcuni casi, di trattamento disumano. Di seguito le richieste: Jafari Esmatollah, iraniano e Frederik Bixi (8 anni e 8 mesi di reclusione); Redon Shametaj, albanese (8 anni); Tanha Emran Mohammad, afgano (7 anni e 8 mesi); Gazmir Ismailaj, albanese (6 anni e 8 mesi); Edmond Bylibi Bayala, latitante del Burkina Faso (6 anni); Misin Alidini e Neri Shametaj (4 anni).

Neri Shametaj, cugino di Redon, venne arrestato in flagranza, il 19 gennaio 2017, in seguito alla scoperta di quarantuno migranti stipati all'interno di un furgone "Renault Master", fermato dalla polizia alla Barriera autostradale di Ventimiglia.

Nei confronti di quasi tutti gli indagati era già stato disposto il divieto di dimora nelle province di Imperia, Torino e Cuneo. Il collegio difensivo è formato dagli avvocati: Ramadan Tahiri (che ne difende 6), Cristian Urbini e Cristian Lamonica. Le indagini, limitatamente al filone imperiese, sono coordinate dal pm Lorenzo Fornace.

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