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La chiesa di San Michele a Pigna apre le porte per visitare il rosone e la vetrata policroma

Sabato 25 ottobre, alle 11 e alle 15, sarà possibile visitare la vetrata policroma e il rosone lapideo della facciata della chiesa

La chiesa di San Michele a Pigna apre le porte per visitare il rosone e la vetrata policroma

Sabato prossimo (25 ottobre) la Soprintendenza archeologia Belle Arti e paesaggio della Liguria, con la parrocchia di San Michele Arcangelo di Pigna e l’ufficio Beni culturali diocesano, alle 11 e alle 15, aprirà le porte al cantiere di restauro in corso, che interessa la vetrata policroma e il rosone lapideo della facciata della chiesa parrocchiale.

Per la prima volta, infatti, si potrà ammirare da vicino

salendo sui ponteggi, il rosone marmoreo della parrocchiale. A fare da guida ci saranno la funzionaria restauratrice e conservatrice Martina Avogadro (progettista del lavoro) e la funzionaria storica dell’arte Francesca De Cupis, coadiuvate dai tecnici della ditta di restauro Sirecon srl. Durante la visita, i restauratori illustreranno anche le fasi di lavorazione della vetrata attualmente in restauro a Venezia, attraverso immagini e video che documentano il processo conservativo e le tecniche impiegate.

L’evento, inserito nel piano di valorizzazione del ministero della Cultura

vuole sensibilizzare la comunità sull’importanza della cura del patrimonio comune e sulle buone prassi di cooperazione tra enti ad essa preposti, tanto in fase organizzativa e progettuale quanto in fase esecutiva. Prenotando la visita con e-mail a sabap-im-sv.comunicazione@cultura.gov.it sarà possibile accedere in sicurezza al cantiere e conoscerne la genesi e lo sviluppo. I visitatori potranno osservare le tecniche impiegate, dialogare con i restauratori e comprendere il valore storico e artistico della vetrata policroma e del rosone lapideo. L’ingresso è gratuito e la prenotazione è obbligatoria.

Gli interessati dovranno specificare in fase di prenotazione

la preferenza a salire sul ponteggio. L’accesso al ponteggio è consentito a gruppi di massimo cinque persone per volta.  Si consiglia di indossare scarpe chiuse e abiti comodi. I dispositivi di sicurezza verranno forniti dall’organizzazione. Per chi preferirà restare a terra, sarà possibile osservare le lavorazioni da vicino grazie a video, fotografie e documentazioni grafiche che raccontano il cantiere e la sua evoluzione. Sono in atto da alcuni mesi due interventi, entrambe finanziati dal Ministero della Cultura: quello sul rosone scolpito in facciata, attribuito a Giovanni Gaggini e datato attorno al 1450, sarà visibile in “presa diretta”: nel contesto della messa in sicurezza della facciata, l’operazione ha interessato più direttamente il rosone e si estenderà anche alla scultura del San Michele.

La ruota è partita in dodici spicchi trilobati da raggi a colonna

sormontati da capitelli a crochet, raccordati al centro nella figura dell’Agnello mistico sotto cui è scolpito un piccolo scudo sabaudo. Al di fuori corre una cornice curvilinea articolata in diciannove porzioni tutte partire in due figurazioni (tranne una che ne ha tre), con motivi fitomorfi e di enigmatiche figure tra cui un volto solare, una figura umana accovacciata, una testa barbata, un grifone passante. Un vero enigma iconografico da ammirare a distanza ravvicinata.

Il secondo restauro riguarda la vetrata del rosone

su cui sta agendo la stessa ditta incaricata dei predetti lavori ma nei propri laboratori veneziani. Un unicum per la Liguria – non ne sono conservate anteriori al XVI secolo – da annoverare tra le vetrate istoriate più antiche d’Italia, il rosone policromo raffigura i dodici apostoli, ciascuno accompagnato da un segno zodiacale ma ancora ignoto ne è l’autore. 

L’insieme, quasi inedito 

a meno del più recente studio condotto sull’apparato scultoreo da Fulvio Cervini (cfr. Intemelion, n. 4, 1998, disponibile in rete) e le ipotesi attributive dei disegni della vetrata a Canavesio da parte dell’indimenticato Massimo Bartoletti – era stato oggetto di un intervento di restauro nell’immediato secondo dopoguerra, quando, per cura degli abitanti della zona e lo zelo di Nino Lamboglia, fu trasferito in un rifugio di sicurezza per impedire che le operazioni belliche lo devastassero, quasi presagendo il bombardamento che dopo pochi giorni dallo smontaggio colpì la loggia del comune, adiacente la chiesa. 

Da allora, la comunità non ha smesso di pensare alla luce che filtrava nell’austera navata come ad un segno di Speranza e divina protezione. Il parroco Mirko Belloli invita la comunità a partecipare all’evento, mentre sta proseguendo l’intervento di consolidamento e recupero della sacrestia. Per info scrivere a: sabap-IM-SV.comunicazione@cultura.gov.it.

F.T.