La Pala d'Altare del Gastaldi torna a rivivere nel suo splendore a Molini di Triora. Foto e particolari
Si è svolta oggi la presentazione della restaurata pala d'altare, custodita nella chiesta di Nostra Signora della Montà a Molini di Triora
Pala d'Altare
Si è svolta oggi la presentazione della restaurata pala d'altare - costituita dalla Madonna col Bambino e sant'Anna Metterza con San Giuseppe e San Giovanni Bambino - custodita nella chiesta di Nostra Signora della Montà a Molini di Triora. Il restauro è stato finanziato con l'impiego del contributo 2 per mille dell'Associazione Nazionale Comunità Sociali e Sportive (Ancos) di Confartigianato.
L’opera che si credeva perduta da tempo è stata ritrovata smembrata ed accatastata con del legname, durante un sopralluogo da parte del funzionario della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Liguria dottor Alfonso Sista e da Riccardo Bonifacio (Studio Bonifacio), nell’oratorio della Maddalena di Molini di Triora.
"Il dipinto ad olio su tavola in un primo tempo - afferma Bonifacio - era stato attribuito alla bottega dei genovesi Giovanni Cambiaso (Val Polcevera, 1495 – 1579, ndr) e del figlio Luca ( Moneglia, 18 ottobre 1527 – San Lorenzo de El Escorial, 6 settembre 1585, ndr), il restauro però, ci ha permesso di scoprire la firma dell’artista, Battista Gastaldi (Triora 1581-1659, ndr) nel 1613".
La firma, completamente invisibile ad occhio nudo
è emersa grazie ad una delicata pulitura per la rimozione di una ridipintura oleosa e di una spessa coltre di sporco e vernici ossidate, ed è posizionata ai piedi del piano di appoggio posto davanti alla figura di San Giuseppe e porta la seguente dicitura: "Babta Gastaldus Inventor Tf. F. (Te Fecit)".
La pala d’altare, composta da una tavola dipinta ad olio raffigurante “La Madonna col Bambino e sant'Anna, (detta comunemente Sant'Anna Metterza) con san Giuseppe e san Giovanni Battista bambino” è incastonata in una soasa lignea intagliata, scolpita e dipinta composta da una predella, due lesene, una trabeazione ed una lunetta dipinta ad olio su tavola raffigurante il Padre Eterno benedicente. Il manufatto si trovava in un generale e preoccupante stato di cedimento.
La situazione conservativa era drammatica
la superficie cromatica presentava diffusi sollevamenti a cresta e numerose cadute di colore, mentre gli strati pittorici erano offuscati e quasi illeggibili a causa dello spesso strato di vernice ossidata e dai depositi di sporco consolidati nel tempo. La soasa era inoltre interessata da un’ improbabile ridipintura sommaria in stile naif.
Il supporto ligneo dell’intero manufatto è composto esclusivamente da essenza di castagno, tipico della pittura della bottega Gastaldi ma anche specie arborea tipica della Valle Argentina dalle molteplici applicazioni e particolarmente resistente agli insetti xilofagi. Il supporto ligneo, specie delle due tavole dipinte, era sconnesso e fessurato, le tavole, se pur vincolate da traverse orizzontali, si erano separate per il restringimento delle fibre con fessurazioni che variavano dai 5 agli 8 mm. ( che in passato avevano cercato di attenuare tramite stuccature gessose e ridipinture di tipo oleoso).
Numerose le fessurazione
e i nodi (tipici dell’essenza lignea del castagno), detti cadenti in quanto per effetto del ritiro diminuiscono di volume e non essendo solidali con il tessuto del tronco, tendono a sfilarsi e a cadere. L’intervento di restauro oltre a portare alla scoperta di un opera dall’alto valore artistico e dell’autore, ha portato alla luce anche l’iscrizione che era parzialmente visibile alla base della pala recante i nomi della committenza e della data di realizzazione dell’opera (Petrus Alaria.Q.Luce de Molini et de proprio dotavit, te fieri, vti Massarius curavit. 1613).
La rimozione delle ridipinture dalla soasa ha portato alla luce una situazione conservativa quasi completamente alterata. Purtroppo in passato le cromie originali sono state quasi totalmente rimosse meccanicamente; le lesene erano sono state quasi totalmente “denudate” e solo grazie a microscopici frammenti rinvenuti in fase di pulitura abbiamo potuto procedere con la ricostruzione cromatica a tempera. Predella e trabeazione, invece, pur avendo perduto tutte le loro dorature, erano state parzialmente risparmiate, conservando la cromia di fondo nera, e grazie a questo si sono potute recuperare in toto due importanti iscrizioni: sulla trabeazione “S.ANNA ORA PRONBIS” e sulla predella “IHS”.
Descrizione dell'intervento effettuato
Prima di ogni movimentazione e per poter procedere all’imballaggio dell’opera si è reso necessario mettere in sicurezza le zone più precarie tramite una velinatura di protezione che scongiurasse il rischio di distacchi e cadute dei frammenti più instabili. Una volta giunta in Laboratorio si è potuto risalire con esattezza al ciclo costruttivo dell’insieme dell’opera e dei suoi vari incastri, attraverso un’attenta analisi visiva. Ad un esame più ravvicinato abbiamo appurato che l’intera opera è realizzata in castagno. La riflettografia ad infrarosso ha rivelato un disegno preparatorio piuttosto scarno, tracciato presumibilmente a carboncino e privo di ripensamenti rilevanti.
Dopo un primo, delicato intervento
di pulitura superficiale si è potuta attuare la disinfestazione antitarlo per impregnazione sottovuoto, combinata con azione biocida e con sistema anossico. Dopo si è potuto effettuare il consolidamento del legno di supporto (con Paraloid B72 in diverse soluzioni di Dowanol PM), e ristabilire la coesione tra supporto, strati preparatori e pellicola pittorica, applicando un adesivo di origine animale (colletta), a pennello e siringa e con l’ausilio del termocauterio. Nelle fessurazioni del tavolato abbiamo inserito strisce di legno stagionato ("filzette") della stessa essenza, incollandole con colla proteica d'origine animale ("colla forte") e provvedendo a colmare le residue disomogeneità con uno stucco bicomponente a base epossidica.
L’ intervento di pulitura del "fisiologico" offuscamento delle partiture cromatiche è stato suddiviso in due metodologie e condotto per campiture sotto il controllo delle fluorescenze all’ultravioletto. La prima fase ha avuto come obiettivo di rimuovere solo lo strato di particellato atmosferico utilizzando una miscela gelatificata di tensioattivi emulsionati in idrocarburi alifatici. La seconda fese più delicata è stata quella della rimozione chimica di sostanze soprammesse quali vernici protettive fortemente alterate e delle numerosissime ridipinture oleose, mediante applicazione di solventi organici gelatificati.
Lo strato pittorico
versava in un pessimo stato di conservazione; la cromia oltre ad essere fortemente inaridita ed offuscata da una spessa coltre di sporco e colature di varia origine, presentava numerosi sollevamenti, cadute di colore e vernici alterate. Al fine di scongiurare il rischio di una lettura “deviante”, l’intervento di integrazione è stato attuato nel pieno rispetto dell’opera in maniera distinguibile e reversibile, con tecniche differenti perché si adattassero alle diverse tipologie di lacuna.
Negli strati pittorici le cadute di piccole dimensioni sono state stuccate a livello con gesso e colla animale, poi reintegrate con tecnica mimetica a "puntinato" mediante ripetute stesure di colori a vernice al fine di ricostruire il tessuto cromatico e di ridurre al massimo l'interferenza delle lacune. La verniciatura finale è stata realizzata mediante applicazione a pennello e per nebulizzazione di resine sintetiche in soluzioni ad elevata stabilità, con finalità protettive e di ristabilimento del corretto indice di rifrazione della superficie.
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