Omicidio di Sargonia: la difesa chiede l'assoluzione di Aldobrandi
"In subordine, esclusione della recidiva, insussistenza dell’aggravante contestate e concessione delle attenuanti”
“In via preliminare, si chiede che, sussistendo l’assoluta necessità, vengono assunte le prove richieste. In via principale, chiedo l’assoluzione, perché il fatto non sussiste o la formula che si ritiene. In subordine, esclusione della recidiva, insussistenza dell’aggravante contestate e concessione delle attenuanti”.
Questa la richiesta, dopo oltre quattro ore di arringa difensiva
dell’avvocato Fabrizio Cravero, che nel corso della propria discussione ha cercato di dimostrare la mancanza di elementi oggettivi che possano incastrare Salvatore Aldobrandi, 75 anni, originario di San Sosti (Cosenza), ma da anni residente a Sanremo, accusato omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dalla soppressione di cadavere, per avere ucciso Sargonia Dankha, 21 anni, di origini irachene, naturalizzata svedese, sparita nel nulla nel primo pomeriggio del 13 novembre del 1995 a Linköping, in Svezia.
Nei confronti dell’imputato, oggi i pubblici ministeri Maria Paola Marrali e Matteo Gobbi hanno chiesto l’ergastolo. “E’ un processo, che si basa soltanto su “dicerie di paese”, perché non ci sono elementi di prova certi e “l’accusa non è riuscita a portare elementi logici a supporto delle tesi”.
Ed ha aggiunto: “E’ possibile, che Aldobrandi, che è alto 1 metro e 65, abbia portato da solo un cadavere di 1 metro e 78, per tre piani di scale e poi nel vialetto fino all’auto? E’ possibile? Bastano quelle due macchie per ritenere morta, se era in casa, Sargonia?”.
Secondo il legale: “Credo, senza timore di smentita, che questo processo sia un unicum nel panorama nazionale e non solo (…). Ci ritroviamo a dover giudicare quello che è successo ventinove anni fa. Le lancette dell’orologio della Corte di Assise di imperia dovranno necessariamente collocarsi nel 1995 sulla base di quelli che sono i dati dell’istruttoria dibattimentale tenuti a trent’anni di distanza”.
L’avvocato ha chiesto alla Corte
di “Rivalutare la richiesta di ascoltare le testimonianze che non sono state ammesse nel corso del dibattimento”. In particolare ha detto: “Oggi, che abbiamo ascoltato la tesi dei pm, abbiamo scoperto che l’ipotesi è che l’omicidio sia stato compiuto in un determinato arco temporale. Una cosa era domandare prima a chi ha effettuato le indagini, se eventuali piste alternative sono state vagliate e come, altra cosa è dire ‘non ce ne sono’. Per questo ritengo che il compendio probatorio sia monco di un pezzo, e deve essere valutato insieme a quelle che sono le altre ipotesi alternative, che non possono essere smentite e basta”.
Durante la discussione fiume ha poi fatto notare
alla Corte, che “Se ci sono delle regole processuali da seguire, il giusto processo è solo se si seguono quelle regole. Se una regola viene violata c’è un motivo. Se vengono fatte delle eccezioni non è per nascondersi dietro un dito, ma perché è così che il processo si deve fare”.
Cravero cerca, quindi, di smontare il castello accusatorio. Sulla tesi della procura, che Sargonia il 13 novembre sia andata a casa di Aldobrandi e lì sia stata uccisa: “Possiamo dire che Sargonia sia andata a casa dell’Aldobrandi? No, non possiamo. Con la planimetria prodotta si può dire che poteva andare dappertutto. Si dice: “E’ entrata in casa e non è più uscita. Perché? Perché è stata uccisa lì dentro. Non è più uscita, ma non è mai stata neanche vista entrare”.
La Corte di Assise si riunisce ora in camera di consiglio e la sentenza è attesa per domenica mattina, quando in tribunale ci sarà la lettura del dispositivo
Fabrizio Tenerelli
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