IL MINISTRO ANDREA ORLANDO OGGI A SANREMO. L'INTERVISTA ESCLUSIVA

IL MINISTRO ANDREA ORLANDO OGGI A SANREMO. L'INTERVISTA ESCLUSIVA
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SANREMO - Il ministro della Giustizia Andrea Orlando a Sanrem  in vista delle primarie del centrosinistra, attese per domenica 23 marzo. Accompagnato dal vicesindaco della città dei Fiori, e suo sostenitore, Leandro Faraldi (il sindaco Alberto Biancheri è fuori sede), Orlando fra pochi minuti terrà un discorso in prossimità del monumento dei caduti, una sorta di anticipo rispetto al 25 aprile Festa della Liberazione. Successivamente, nel vicino Forte di Santa Tecla terrà un incontro istituzionale con parte della Giunta e visiterà la mostra intitolata al giardiniere di Calvino, Libereso Guglielmi. Alle 20,sarà a Genova, presso la Sala Enal Cap di Via Albertazzi e alle 21, a Sestri Levante, presso il Grande Albergo, in Via Vittorio Veneto. La visita di Sanremo, sarà preceduta, alle 16.30, da un incontro in piazza del Popolo, a Savona.

Anche in vista di questo incontro abbiamo realizzato un'intervista con il ministro che nei giorni scorsi è stato ospite del gruppo editoriale che fa capo  La Riviera. 

Ministro Orlando, come giudica il risultato delle primarie del Partito democratico che hanno sancito la netta affermazione di Renzi, ma anche un buon dato per lei?

«Un risultato molto positivo. Avevamo “contro” il 90% dell’assemblea nazionale del partito, quasi tutto il Governo, la maggior parte dei governatori del Centrosinistra. Una parte imponente della struttura del partito. Io ho dalla mia parte un segretario regionale su 20, il segretario regionale della Val d’Aosta. In partenza i rapporti di forza erano proibitivi. Sul campo abbiamo invece dimostrato che c’è una rete importante che può puntare alla vittoria».

Ritiene che il 30 aprile, quando potranno votare anche i non iscritti, il risultato si può migliorare o addirittura ribaltare?

«La valutazione degli italiani sul Pd è diversa da quella che il Pd dà su sè stesso. C’è un popolo di Centrosinistra che ha un giudizio critico sull’attuale linea del partito. Persone che non hanno rotto i rapporti e i legami, ma chiedono una svolta politica. Credo siano la maggior parte. Se riusciremo a portare la gente a votare, ci sono le condizioni per poter vincere. Lo dice un dato. La “Mozione Renzi” ha avuto il consenso più alto in tutte quelle regioni dove abbiamo perso in maniera più netta il referendum. Il consenso interno molto forte non riflette la capacità attrattiva verso l’esterno».

Ma di fronte a questi numeri, ha senso parlare di brogli come si è fatto nei giorni scorsi?

«Guardi, io non ho mai parlato di brogli. Ho parlato di pratiche che vanno messe al bando. Il risultato non è in discussione. E’ in discussione l’idea di partito che vogliamo. Io dove ho visto cose anomale nelle iscrizioni, ho deciso di non presentare i miei candidati. Avrò perso sicuramente qualche voto, ma sono convinto di aver contribuito a contrastare dinamiche dannose per il Pd, non per me».

In cosa si differenzia la sua proposta dalla «Mozione Renzi»?

«Un partito serve per avere rapporti con la società e da questo punto di vista il Pd è inservibile. Il Partito democratico si è completamente isolato, si è confinato. Dalla gente e dagli altri partiti del Centrosinistra. Si tratta di capire come si configura la politica dopo il referendum. Se Renzi ha capito la lezione del referendum, gli è rimasta poco in testa».

A proposito di giornali e informazione, Lucrezia Ricchiuti ha presentato al Senato un disegno di legge sulle querele temerarie. E’ un percorso che arriverà al traguardo?

«Vogliamo introdurre norme che disincentivino l’utilizzo della querela come strumento di condizionamento dell’informazione. Abbiamo già aperto un tavolo con la rappresentanza della stampa e dei sindacati. Dobbiamo tutelare i cittadini da un utilizzo improprio dell’informazione, ma dobbiamo tutelare anche l’informazione da potenziali condizionamenti. Deve arrivare assolutamente una risposta legislativa».

Dal Consiglio d’Europa è arrivato un richiamo all’Ital ia per le mancate modifiche al Codice penale laddove si prevede ancora il carcere per i reati di diffamazione. Com’è la situazione?

«La situazione in effetti è molto complicata. Si sono sovrapposti interventi diversi. Io mi auguro di affrontare questo tema in un altro provvedimento legislativo che isoli questa questione. Questo ci consentirebbe di risolvere un problema di civiltà: dobbiamo recuperare molte posizioni sulla libertà d’informa - zione. Dalla loro i giornalisti devono avere un forte impegno sul rafforzamento del codice deontologico. Non è un do ut des. Avere una stampa libera è un interesse della democrazia».

Dopo i fatti di Budrio, la legge sulla legittima difesa torna d’attualità...

«Si può discutere, ma non risolverà il problema. Un tema va affrontato in modo più efficace: la cooperazione giudiziaria tra diversi Paesi. Abbiamo difficoltà ad avere informazioni su soggetti criminali. E’ un problema che riguarda la microcriminalità e il terrorismo. La legittima difesa rischia altrimenti di essere l’ultima ratio. Nei casi più clamorosi di questi anni si è arrivati all’assoluzione o archiviazione».

L’inasprimento delle pene sui reati minori influirà su l l’edilizia carceraria e la gestione delle case circondariali?

«La popolazione in effetti potrebbe crescere, ma dobbiamo accelerare sulla riforma del penitenziario. Abbiamo bisogno di un carcere che preveda pene alternative e che ricollochi le persone, dopo una certa fase della pena, nel mondo del lavoro. Non per buonismo, ma perché il carcere che non funziona così, produce recidiva e premia solamente chi non fa nulla di male durante la detenzione».

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