LA LETTERA

L'attuale situazione politica e alcune riflessioni sul Coronavirus: lettera di Duccio Guidi

"Ci ha separati sinora un lunghissimo silenzio a cui mi sono sentito obbligato dalla condizione di privato cittadino che ormai da tempo..."

L'attuale situazione politica e alcune riflessioni sul Coronavirus: lettera di Duccio Guidi
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Riflessioni sul Coronavirus

Ci ha separati sinora un lunghissimo silenzio a cui mi sono sentito obbligato dalla condizione di privato cittadino che ormai da tempo non ricopre incarichi né politici e né associativi. Reputo infatti che la pubblicità del proprio pensiero sia essenzialmente un giusto privilegio che spetti a chi svolge simili ruoli e il fatto che spesso chi lo ha non ne faccia esercizio forse è dovuto alla scarsità di idee e di proposte che tradisce l'inadeguatezza di non piccola parte delle nostre classi dirigenti, il cui radicale ricambio, a tutti i livelli istituzionali e in tutte le forze politiche non potrà non essere tema centrale del "dopo".
L'epidemia in corso infatti ha inevitabilmente congelato il dibattito politico ordinario. Il guaio è che sembra aver congelato anche quello straordinario come il momento che stiamo vivendo. Anche a quanto si legge nei commenti sui cosiddetti "social", checché se ne dica utilissimo termometro della "temperatura civile" di un Paese, permane, quasi come un tic nervoso, un certo manicheismo del tutto fuori luogo: chi si professa con entusiasmo "nei secoli fedele" al Primo Ministro in carica sembra più mosso dall'ostilità verso la sua opposizione che da un'adesione alla sua strategia di lotta al Coronavirus, talmente ondivaga e provvisoria da far ritenere quell'entusiasmo alquanto insincero. E al timore di un ritorno al governo di personaggi sgraditi se ne aggiunge uno umanamente assai più comprensibile, quello della malattia.

Tutto questo però fa perdere di vista la necessità di una visione d'insieme e di lungo periodo. Ormai siamo alla terza proroga del confinamento (o "lockdown" per chi proprio non può fare a meno dell'inglese) e di cui il capo della Protezione Civile, Borrelli, ha candidamente annunciato la quarta, evidentemente già decisa da un governo ormai abituato a raccontare le cose ogni quindici giorni e preferibilmente di sabato sera.

Ma sappiamo tutti che sarà una degenza lunga e questo non può che spingerci ad affrontare tutte le problematiche del caso: da quelle sanitarie, chiaro, a quelle economiche e sociali.
Pensare di fare altro debito pubblico e allo stesso tempo non solo limitarsi a rinviare le scadenze fiscali anziché cancellarle, ma persino bloccare ogni attività produttiva significa condurre l'Italia alla catastrofe economica e in fin dei conti anche a quella sanitaria: innanzitutto perché è debito votato ad un mero assitenzialismo che gli italiani non chiedono e non vogliono ed inoltre poiché non si vede come le nostre strutture ospedaliere potranno poi far fronte a una tale emergenza se non esclusivamente con aiuti dall'estero come per un qualunque paese del Terzo Mondo. E questo tanto più in un Paese il cui debito pubblico è già insostenibile ed è sostanzialmente un debito estero essendo in altissima percentuale in mani straniere.
Il tema della riapertura dunque si fa ineludibile, graduale quanto si voglia, ma da avviare subito.  E in Italia ad oggi uno solo ha avuto il coraggio di lanciare il sasso nello stagno: Matteo Renzi. E' antipatico? Molto! Ambizioso fino a farsi male da solo? Decisamente! Ma stavolta c'ha azzeccato. Ed è facile rispondere anche a chi vi scorge della mera furbizia "politicienne": ha intuito che c'era un vuoto di rappresentanza,  quello di chi pensa che l'alternativa non sia tra il chiudere molto e il chiudere tutto, ma tra il chiudere e no. Sono cittadini anche quelli mi pare, anche se la cosiddetta "grande stampa" non perde occasione per qualificarli con termini di assoluto disprezzo("furbetti", "irresponsabili" ecc.). Quella stessa "grande stampa" che non a caso all'indomani della proposta di Renzi, pur fra mille distinguo, ha cominciato anch'essa a parlare di riapertura, riconoscendo che quel tabù non è in fondo che una legittima necessità di una porzione crescente di opinione pubblica.
Senza il coraggio di una tale scelta, prepariamoci ad un futuro di miseria, per noi e i nostri figli, non trovo altra definizione.
Un cordiale saluto
Notaio Duccio Guidi 
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