La storia drammatica di Laslo il prossimo avversario di Fabio Fognini. Papà e mamma persi in pochi anni
La sua storia raccontata dopo la splendida vittoria nel torneo Atp 500 di Rio de Janeiro: "Loro mi guardavano da lassù"
Sarà il serbo di origini ungheresi Laslo Djere, 25 anni, a contendere domani gli ottavi di finale dell'Atp 250 di Ginevra al nostro Fabio Fognini. Laslo, che oggi ha superato in tre durissimi set il brasiliano Thiago Monteiro, ha una storia drammatica e toccante alle spalle. Una storia dura. L'ha raccontata nella rubrica My Point dell'Atp dopo la splendida vittoria di due anni fa al prestigioso torneo Atp 500 di Rio de Janeiro, che tra l'altro lo scorso anno ha visto in finale il sanremese Gianluca Mager, sconfitto dopo un bellissimo match da Christian Garin.
La perdita dei genitori, entrambi vittime del cancro quando era adolescente
Djere - ora numero 49 al mondo, ma salito fino alla 29esima posizione - in pochi anni, ancora ragazzino, ha perso entrambi i genitori, le sue guide, nella vita, nello sport professionistico. “Dovresti essere calmo e fiducioso prima del più grande momento della tua vita, giusto? - disse a proposito di quella finale vinta a Rio contro Felix Auger-Aliassime - Io non lo ero. Ero un fascio di nervi. Non ero nervoso per via dei dubbi – pensavo di poter vincere il mio primo titolo ATP. Ma quando sono arrivato sul centrale di Rio, con il sole splendente e i tifosi che mi applaudivano, la mia mente era ovunque”.
“Cosa staranno pensando i miei genitori? Cosa mi avrebbero detto? Mio padre, l’uomo che era stato con me in ogni fase della mia carriera, sarebbe stato contento? Non importava quanto io cercassi di concentrarmi sul presente, non riuscivo a focalizzarmi completamente sulla partita”.
"Sapevo che i miei genitori mi stavano guardando da lassù"
“Se mi sento distratto, mi dico una parola chiave o passo attraverso una routine che mi riporta al presente. Se provo paura, cerco di scoprire perché mi sento così. Di solito mi sento spaventato o preoccupato perché non sono nel momento presente – sto pensando a quali potrebbero essere le conseguenze di una sconfitta. Ma in quel preciso momento io sapevo, anche se i miei genitori non erano nello stadio quella sera, che mi stavano guardando“.
Gli inizia della carriera con il papà "ufficiosamente" coach
“Papà amava il calcio e ha giocato per il club locale di Senta, la mia città natale in Serbia. Ma quando avevo cinque anni la sua passione per il tennis gli fece venire voglia di imparare a giocare. Mio padre aveva visto giocare gli idoli della mia prima infanzia – Sampras, Agassi e Ivanisevic – ed era diventato un grande fan. Il giorno in cui ha iniziato a imparare, l’ho fatto anche io“.
“Almeno tre weekend al mese attraversavamo la Serbia: Belgrado, Novi Sad, Pančevo, Kraljevo, Subotica e Kikinda. Mio padre guidava e io dormivo sui sedili posteriori. Restavamo sabato, domenica e se raggiungevo la finale, lunedì. Quando sei un bambino che ‘inizia’ uno sport le vittorie significano più di quanto dovrebbero e le sconfitte fanno più male di quanto tu possa immaginare. Ma mio padre ha sempre cercato di mantenermi in equilibrio: mi consolava quando perdevo e mi incoraggiava quando vincevo”.
La morte della mamma, la prima a lasciarlo
“Ho scoperto che mia madre, Hajnalka, aveva il cancro: è iniziato nel colon e quando gli fu diagnosticato nel novembre 2010 il cancro era già metastatico. Diciassette mesi dopo lei morì, aveva 44 anni. Io ne avevo 16 e non avevo una mamma“.
Tre anni fa la perdita del papà. Una coincidenza assurda...
“Nel 2017 stavo vivendo l’anno migliore della mia carriera. La nostra nuova famiglia composta da tre persone – mio padre, mia sorella ed io – era riuscita a riprendersi dalla scomparsa di mia madre, e in campo non avevo mai giocato meglio. Avevo fatto cinque finali Challenger e ne avevo vinta una, per la prima volta ero pronto a finire l’anno nella top 100. Mio padre mi aiutava dal punto di vista logistico, decidevamo insieme quali tornei disputare e veniva a vedere molte delle mie partite. Alla fine della stagione 2017 persi nelle qualificazioni di Bercy e tornai a casa per l’off-season, un periodo di rilassamento prima di un allenamento pesante. Ero così grato di poter passare del tempo con mia sorella e mio padre. Ma dopo alcuni giorni abbiamo appreso che tutto stava cambiando di nuovo. Mio padre aveva il cancro. Cancro al colon, lo stesso di mia madre".
"Terribili pensieri tornarono di nuovo nella mia testa: perché mi sta succedendo questo? Perché le cose stanno andando così? Come se perdere un genitore non fosse abbastanza. Il dolore è rimasto con me per settimane, mesi. Non se ne va mai completamente, ad essere onesti. Ma, questa volta, ho anche sentito qualcosa di diverso. Ho sentito una grande responsabilità nei confronti di mia sorella e mio padre. Lui era il capofamiglia e io dovevo prendere il suo posto, quindi dovevo essere forte. Dovevo essere lì per loro. Mio padre passò attraverso la radioterapia e la chemioterapia. Niente funzionò. Morì nel dicembre 2018. Aveva 55 anni. Ed eccomi qui, ora, senza genitori“.
Un anno dopo la vittoria più importante della sua carriera a Rio de Janeiro
“Non avevo intenzione di menzionare i miei genitori durante la cerimonia, ma sentivo la responsabilità di condividere la mia storia. Mi sentivo abbastanza forte da superare la loro morte e spero di poter essere un esempio per tutte le persone che stanno attraversando momenti difficili. Le reazioni sono state sorprendenti: Djokovic ha espresso il suo supporto su Twitter – così mi hanno detto – e Kyrgios, la prima volta che mi ha visto a Indian Wells, è apparso dietro di me e mi ha dato un grosso abbraccio. Per tutto quello che ho vissuto, certe volte mi sembra di avere 50 anni, ma so di non essere la persona più sfortunata della terra“.
“Non resteremo qui per sempre, nessuno di noi, e io voglio usare il tempo in modo positivo e fare tutto il bene che posso. Vedrò di nuovo i miei genitori, ma mentre sono qui voglio solo assicurarmi di dare tutto ciò che posso e renderli orgogliosi”.