Regione Liguria

Concessioni demaniali, Scajola: «Urge una norma nazionale»

"Non si può basare tutto sulle espressioni, per quanto autorevoli, del Consiglio di Stato"

Concessioni demaniali, Scajola: «Urge una norma nazionale»
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Si è svolta oggi, presso la sede di Regione Liguria a Roma in piazza Madama, un' importante riunione tra gli assessori al Demanio Marittimo delle regioni costiere italiane, tutte partecipanti in presenza o videoconferenza, e i tecnici competenti. Il punto, le concessioni demaniali marittime per le quali le Regioni, compatte, chiedono un intervento legislativo urgente al Governo Meloni. 

 

Concessioni demaniali: «Regioni compatte e collaborative»

A convocarla l’assessore al Demanio Marittimo di Regione Liguria Marco Scajola, in qualità di coordinatore del Tavolo in materia della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, per fare il punto relativamente all’attuale situazione e ai possibili sviluppi futuri riguardanti le concessioni demaniali marittime. Tutto ciò alla luce del tavolo tecnico convocato, sul medesimo argomento, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per i giorni 20 maggio e 12 giugno.

 

«Ancora una volta le Regioni si dimostrano compatte, collaborative e con alto senso di responsabilità per affrontare un tema, quello delle concessioni demaniali marittime, che è assolutamente importante anche alla luce del prossimo inizio della stagione balneare - dichiara l'assessore -. Abbiamo fatto una raccolta delle informazioni provenienti da tutti i territori italiani e la sintesi vede una situazione, nel complesso simile, nella quale in primis i Comuni vivono nelle difficoltà di non poter far riferimento a norme nazionali».

 

L'apertura del Consiglio di Stato e la necessità di una norma nazionale

Nei giorni scorsi, il Consiglio di Stato, con tre sentenze distinte, ma dal contenuto sostanzialmente identico (numero 1813/2024, 1814/2024 e 1815/2024) , ha sostanzialmente concesso ai balneari il permesso di continuare la propria attività anche a concessione scaduta,  poiché i comuni non sono in grado, allo stato attuale, di affidare a terzi le pertinenze demaniali, come riporta Mondo Balneare.  Nello specifico, il Consiglio di Stato sottolinea che «nel bilanciamento degli interessi contrapposti, appare preminente quello del privato, tenuto conto che in questo modo sono altresì soddisfatti gli interessi pubblici alla manutenzione dell’area e alla percezione dei canoni demaniali senza soluzione di continuità».

 

«Le ultime espressioni del Consiglio di Stato, di pochi giorni fa, mostrano apertura nei confronti delle imprese per tutelarle in questa fase di incertezza. Come Regioni ribadiamo però come debba essere la politica a dettare il percorso da intraprendere e non si possa, ogni volta dipendere dalle espressioni, per quanto autorevoli, del suddetto Consiglio di Stato. Chiederemo formalmente al Governo che si adoperi nel più breve tempo possibile a elaborare una norma per affrontare con serenità e certezza la prossima stagione estiva e quelle che verranno, dando così un ulteriore tempo al legislatore di portare avanti un confronto costruttivo con l'Unione Europea la quale, se interpellata, ha sempre dimostrato di ascoltare ed eventualmente accogliere le proposte degli Stati membri. In tutto ciò le Regioni pretendono un maggior coinvolgimento -conclude Scajola - per essere collaborative e affiancare il Governo nella difficile trattazione di un tema che per troppi anni la politica ha sottovalutato e che oggi non può non essere centrale nell'azione dell'esecutivo e delle amministrazioni territoriali».

La genesi del problema

La questione nasce nel 2016 con una sentenza tranchant della Corte di Giustizia Europea che definiva illegittimo il sistema di proroga automatica per le concessioni balneari italiano, in quanto in contrasto con la legislazione sovranazionale, in particolare con la direttiva europea Bolkenstein.  Il primo governo Conte, nel 2018, disattendendo la Corte di Giustizia Europea, legiferava per estendere le proroghe automatiche fino al 2033.  A questo proposito, il Consiglio di Stato si era espresso indicando le proroghe come non applicabili dalle Pubbliche Amministrazioni in quanto in contrasto con le norme europee. Il Governo Draghi, pur recependo le istanze della Corte di Giustizia Europea, aveva comunque concesso una proroga tecnica fino al termine del 2024, estesa fino al 2025 dal decreto Milleproroghe del Governo Meloni.

D. I.

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Marco Scajola
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